ROMA – Preti, “mafiosi”. Preti e mafiosi. Ci sono libri dedicati all’argomento, come quello di Isaia Sales, “I preti e i mafiosi”, o quello di Vincenzo Ceruso “Le sagrestie di Cosa nostra”. Solo libri? In alcuni angoli d’Italia no, sembrerebbe anche un connubio dalla lunga tradizione.
L’anno scorso ci fu il caso di Napoli, quartiere Barra. Caso eclatante perché documentato da un video dell’Espresso. Alla processione rituale della Madonna alla festa dei Gigli il boss del quartiere, Angelo Cuccaro, seguiva con devozione la sfilata a bordo della sua Rolls Royce bianca. Tutto nella norma, la folla anzi lo acclamava neanche fosse lui “la madonna” da osannare. Scrive l’Espresso: “Poi padrini invitano tutti a «un minuto di silenzio per i morti nostri». E alla fine c’è pure la benedizione del parroco”.
Normale scena da un’ordinaria processione del Sud, Campania come Calabria o come Sicilia, terre in cui spesso il sentimento religioso si fonde con naturalezza alla devozione mafiosa. Tutto come tradizione, con i preti che a volte guardano e non denunciano, abbassano lo sguardo e benedicono. Qualcuno prova a dare segni di insopportazione. Mesi fa fu Luigi Bobbio, sindaco Pdl di Castellammare di Stabia, a lasciare la processione di San Catello perché il corteo aveva fatto sosta alla Cappella di Santa Fara: un rapido saluto al vecchio boss Renato Raffone che abita lì accanto.
E per altri esempi ci si può trasferire in Sicilia. A Riesi (Caltanissetta) succede puntualmente che chi porta la grande statua di gesso della Madonna si ferma puntualmente per un omaggio al boss Francesco Di Cristina. Ad Augusta, festa di San Giuseppe, per decenni il più bello dei torroni simbolo della festa veniva comprato da Giuseppe “Joe” Conforte. Così è stato fino al giorno dell’arresto: Conforte era dedito alla prostituzione di lusso del Nevada, aveva 102 ragazze ed era proprietario del celebre “Mustang Ranch” che incassava mezzo milione di dollari al mese.
In tempi recenti e sul versante calabrese si può ricordare la “pax” siglata dai boss dopo la strage di Duisburg del 2007, un accordo raggiunto proprio dopo la processione al santuario della Madonna di Polsi, Reggio Calabria.
“Pax” tra boss, ma certe processioni sembrano l’annuale dimostrazione che la “pax” tra una certa Chiesa (non tutta, naturalmente) e la mafia è tema ancora attuale. L’ex parroco di Scampia, Aniello Manganiello, l’anno scorso ha tentato una provocazione: raccogliere firme per abolire la festa dei Gigli di Nola: “Quello di Nola è un appuntamento annuale che non ha assolutamente più nulla di religioso. La grande quantità di denaro che circola è l’unica motivazione alla base di un rito che definire pagano è un provvidenziale eufemismo per quanti lo hanno indecorosamente snaturato”. Dopo aver parlato Manganiello si è ritrovato contro il sindaco e il vescovo di Nola. Per la cronaca la parata si è regolarmente svolta domenica 24 giugno. Ma è finita in rissa tra “paranze” ovvero i gruppi di uomini che portano in spalla le elaborate costruzioni lignee della Festa. Quindici feriti tra spari e lanci di bottiglie, scrive lunedì il Corriere del Mezzogiorno.
