TORINO – L’Eternit come l’Ilva, Casale Monferrato come Taranto, Schmidheiny e De Cartier come i Riva: questo il parallelo che ha tracciato il procuratore generale Raffaele Guariniello, ribadendo la richiesta di condannare a vent’anni di carcere i vertici della Eternit, lo svizzero Stephan Schmidheiny e il belga Louis De Cartier, per gli oltre duemila fra morti e malati provocati secondo l’accusa dall’amianto lavorato in quattro stabilimenti italiani della multinazionale. Guariniello ha sottolineato che la Suprema corte parla di “pervicacia e spregiudicatezza” degli imputati.
Il magistrato ha evocato in aula l’ordinanza con cui la Cassazione il 4 aprile scorso ha respinto il ricorso contro gli ordini di custodia cautelare: “I reati di disastro e rimozione volontaria di cautele, gli stessi che contestiamo noi, sono ascrivibili a condotte tenute negli anni, si sono consumati anche con la gestione successiva al 1995 e i loro effetti sono ancora attuali”.
Guariniello, mantenendo il parallelo fra Ilva ed Eternit, ha sottolineato che la Suprema Corte parla di “pervicacia e spregiudicatezza” degli imputati. “Mi ci è voluto del tempo – ha concluso il magistrato – per capire che non era giusto addebitare il disastro Eternit ai dirigenti italiani degli stabilimenti. Schmidheiny è stato bravo a nascondersi in tutti questi anni. Ma grazie anche ai parenti delle vittime ho potuto individuare la strada da prendere: dietro a questo immane disastro c’erano delle scelte strategiche prese dal vertice. C’era un’unica regia”.