
Renato Pozzetto ricoverato da prima di Ferragosto a Varese: colto da un malore, non è grave (foto Ansa)
Renato Pozzetto lo scorso 12 agosto è finito in ospedale a causa di un malore. L’attore che da poco ha compiuto 82 anni è stato ricoverato all’ospedale di Circolo di Varese nel reparto di medicina.
Renato Pozzetto ricoverato a Varese
A scriverlo è Varesenews.it che spiega che le sue condizioni fortunatamente non sarebbero gravi e sono già in via di miglioramento. Pozzetto è stato sottoposto ad alcuni esami che saranno utili per fare il punto sulle sue condizioni di salute. A breve dovrebbe essere addirittura dimesso. Recentemente Pozzetto ha dovuto dire addio al fratello Ettore che è deceduto nelle scorse settimane.
Chi è Renato Pozzetto
Nato a Laveno sulle rive del Lago Maggiore nel 1940, cresciuto a Gemonio dove i genitori milanesi trovano rifugio durante i bombardamenti alleati, approdato a Milano dopo la fine della guerra, diplomato geometra all’istituto Carlo Cattaneo ritrova sui banchi di scuola Aurelio “Cochi” Ponzoni (anche lui cresciuto a Gemonio) e lo trascina nelle prime esperienze da cabaret: Cochi progetta e inventa, lui ci mette la verve, una vena surreale e il fisico.
E’ una coppia che alla lontana rievoca Stanlio e Ollio ed ha subito successo; nel ’64 sono già “Cochi e Renato”. Si esibiscono per la prima volta all’Osteria dell’Oca e dopo, insieme a Enzo Jannacci, Felice Andreasi, Bruno Lauzi e Lino Toffolo si riuniscono nel “Gruppo Motore” con cui approdano al Derby di Milano.
Nel 1974, Flavio Mogherini gli offre il ruolo del protagonista in “Per amare Ofelia” a fianco di Giovanna Ralli e Françoise Fabian. La parte è tagliata su misura per lui con quell’Orlando bamboccione e mai cresciuto. Quella di Orlando diventa rapidamente una maschera che Pozzetto indosserà a più riprese e con mille varianti, perché l’uomo è intelligente e sa modificare ogni volta il personaggio per intercettare il gusto del pubblico.
Per oltre vent’anni Renato sarà uno dei pochi “nomi sicuri” del divertimento popolare al cinema: basta il suo nome in cartellone (come per Villaggio, Celentano, Abatantuono, Boldi&De Sica) per avere successo e i produttori lo sanno: fino al ’94 lavora al ritmo di due o tre film all’anno e per quattro volte si dirige da solo, per il puro piacere di sviare dai suoi ruoli abituali.