Riciclaggio, Scaglia: “Roba da matti, mi hanno già interrogato tre anni fa”

Silvio Scaglia

I fatti che hanno portato ai 56 ordini di cattura comunicati ieri martedì dalla procura antimafia, una mega evasione fiscale basata su complesse e, secondo l’accusa, criminose operazioni sulle schede telefoniche, sarebbero stati noti da tempo, non solo agli investigatori ma anche agli accusati. Nell’inchiesta, secondo l’accusa una maxi inchiesta sul riciclaggio, sono finiti anche il fondatore di Fastweb, Silvio Scaglia, l’attuale amministratore delegato di Fastweb, Stefano Parisi, un senatore del Pdl, Nicola di Girolamo e un certo numero di persone con cui uno normale farebbe fatica ad accompagnarsi.

Che l’inchiesta risalga indietro nel tempo è evidente, visto che si tratta di accertamenti complessi su operazioni finanziarie tutt’altro che facili da capire e dimostrare. Lo conferma Swisscom, la società svizzera che ha comprato Fastweb e che, per bocca del suo capo ufficio stampa Josef Huber, martedì 23 febbraio ha detto all’Ansa di essere a conoscenza delle accuse contro Fastweb, aggiungendo che queste erano di «dominio pubblico».

Secondo il portavoce, «Swisscom sapeva delle accuse di riciclaggio e frode fiscale contro Fastweb quando la comprò nel 2007 e sapeva dei rischi a cui andava incontro. Rischi che sono stati considerati al momento di calcolare il prezzo d’acquisto».

Mercoledì mattina Swisscom ha diffuso un comunicato ufficiale nel quale ripercorre le tappe della vicenda, spiegando che fra il 2003 e il 2006, “Fastweb ha acquistato e venduto servizi da fornitori italiani, con l’Iva inclusa nel prezzo d’acquisto. Nel gennaio 2007, Fastweb ha reso nota l’esistenza un’indagine nei suoi confronti. Secondo le accuse, i venditori hanno dato luogo a queste transazioni solo per evitare che quell’Iva, pagata da Fastweb, venisse poi versata al Fisco. Come risultato di questa indagine, é emerso che Fastweb non è mai stata pienamente rimborsata dell’Iva”. La società svizzera ribadisce quindi che “al tempo dell’acquisizione di Fastweb nel 2007, Swisscom era a conoscenza delle indagini. Secondo due diversi pareri da studi di consulenza, le transazioni erano corrette e Fastweb aveva quindi il diritto alla restituzione dell’Iva. Tenendo conto delle informazioni disponibili al tempo, il rischio che l’Iva non potesse venire recuperata è stato contabilizzato nel prezzo d’offerta per l’acquisto di Fastweb”.

Swisscom si dice quindi “sorpresa dagli ultimi sviluppi: l’indagine è stata estesa a ulteriori soggetti. Sono stati emessi ordini di cattura contro 56 persone, fra cui 5 persone dell’ex management di Fastweb”. Le accuse di violazione delle norme Iva, per un totale di due miliardi di euro di cui 40 milioni per Fastweb, sono state “integrate con accuse di riciclaggio di denaro sporco”.

La nota si chiude spiegando che i pm hanno chiesto il commissariamento per Fastweb, una soluzione che “secondo gli elementi in possesso al momento non pregiudica la continuazione delle attività aziendali”.

Per Silvio Scaglia c’è anche l’ordine di cattura, ma l’imprenditore per ora si trova all’estero e parla attraverso avvocati e giornali. Intervistato dal Corriere della Sera ha detto:  «È roba da matti. Non capisco cosa sta succedendo».

Scaglia ha anche detto al Corriere di essere a conoscenza del mandato ma di «non sapere perché. Sono già stato interrogato sulla stessa materia all’inizio dell’inchiesta. Mi sembra davvero roba da matti». La prima fase dell’inchiesta, infatti, risale già al 2007 ai tempi in cui Scaglia, dopo aver portato Fastweb ad essere la seconda compagnia di telecomunicazioni su rete fissa in Italia, optò per la cessione della compagnia telefonica agli svizzeri di Swisscom.

Scaglia ha poi affermato di non conoscere il senatore del Pdl Nicola Di Girolamo («Di Girolamo, e chi è?») e confermato di aver chiesto ai suoi avvocati «di concordare immediatamente il modo più opportuno per essere interrogato dai magistrati».

Dopo la cessione di Fastweb Scaglia ha puntato tutto su Babelgum, una web tv on demand definita dallo stesso imprenditore «un’alternativa a YouTube ma con prodotti professionali d’alta qualità». La nuova iniziativa sembra essere partita bene, riuscendo a far entrare in squadra una star del calibro di Spike Lee. Dice Scaglia: «In Babelgum ho buttato tutto me stesso, le mie risorse, la mia reputazione d’imprenditore».

Comunque finisca l’avventura, guai giudiziari a parte, Scaglia sembra essere destinato a restare in piedi: nel 2008 la rivista Forbes ha valutato  il suo patrimonio personale in 1,2 miliardi di dollari e lo collocandolo al tredicesimo posto nella classifica degli uomini più ricchi d’Italia e al novantaduesimo nella graduatoria mondiale.

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Emiliano Condò