ROMA – A un anno e mezzo dai 56 clamorosi arresti per il presunto maxi riciclaggio di due miliardi di euro oggi sono state emesse le prime condanne. La vicenda coinvolge anche manager delle società telefoniche Fastweb e Telecom Italia Sparkle. Il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Roma, Zaira Sechi, ha respinto la richiesta di patteggiamento per l’ex senatore del Pdl, Nicola Di Girolamo perché non congrua la pena che gli sarebbe stata inflitta con lo sconto previsto dalla legge.
Inoltre, il giudice ha concesso 10 patteggiamenti e ha inflitto sette condanne per gli imputati che avevano optato per il rito abbreviato; due le assoluzioni. Il giudice ha respinto la richiesta di patteggiamento avanzata per parlamentare e concordata dalla sua difesa con i pubblici ministeri fissando per il 23 maggio l’udienza – che sarà tenuta da un altro gup, Francesco Battistini – nel corso della quale la posizione dell’ex senatore sarà definita con rito abbreviato.
Su questa decisione il legale dell’ex parlamentare, che aveva concordato anche la restituzione di quattro milioni e 700 mila euro, assicura: ”Non è successo nulla”. ”Attendiamo serenamente il giudizio, andremo davanti al gup Battistini e si chiarirà il tutto”, ha spiegato l’avvocato Pierpaolo Dell’Anno. Tra i patteggiamenti, sono stati concessi cinque anni di reclusione per il manager Marco Toseroni e per l’ex dipendente della Divisione residenziale di Fastweb, Giuseppe Crudele.
Tra coloro che sono stati condannati con il rito abbreviato, si segnalano i 6 anni comminati a Roberto Macori, l’uomo che lavoro’ in Germania per raccogliere voti per Di Girolamo, e i 4 anni e 8 mesi ad Antonio Ferreri, amministratore di due società che, secondo l’accusa, emettevano fatture per operazioni inesistenti legate alla commercializzazione di schede prepagate denominate ‘phuncards’.
Augusto Murri, che rispondeva di riciclaggio, è stato condannato a cinque anni. Un anno e sei mesi di reclusione sono toccati a Marco Iannilli che ha collaborato con gli investigatori. Stando al capo di imputazione, Iannilli, assieme allo stesso Macori e all’ imprenditore Gennaro Mokbel – uno degli ideatori della presunta maxi truffa e attualmente sotto processo – avrebbe favorito l’associazione mafiosa legata alla cosca degli Arena di Isola Capo Rizzuto. Questa organizzazione avrebbe avuto un ruolo decisivo nella elezione di Di Girolamo a parlamentare, con i voti di immigrati calabresi residenti nel distretto di Stoccarda e Francoforte.
