Roberta Ragusa, Antonio Logli nuovo processo. Fu prosciolto

Roberta Ragusa, Antonio Logli nuovo processo. Fu prosciolto (foto d’archivio Ansa)

PISA – Antonio Logli, marito di Roberta Ragusa, andrà di nuovo a processo. L’uomo era stato scagionato per la scomparsa della moglie (che non è mai stata ritrovata). La corte di Cassazione ha accolto i ricorsi presentati dalla procura e dalle parti civili e ha annullato il proscioglimento di Antonio Logli, nel processo per la scomparsa della moglie Roberta Ragusa svanita nel nulla dalla sua abitazione di Gello di San Giuliano Terme (Pisa). Lo ha reso noto l’avvocato Nicodemo Gentile, parte civile nel processo per conto dell’associazione Penelope Italia. La suprema corte accogliendo i ricorsi ha rinviato gli atti al tribunale di Pisa per un nuovo giudizio.

“Siamo soddisfatti – ha commentato Gentile – perché si riapre la speranza di dare giustizia a Roberta”. Il ricorso contro il proscioglimento di Antonio Logli, accusato di omicidio volontario e distruzione di cadavere per la scomparsa della moglie, era stato presentato anche dai familiari della donna, dalla procura di Pisa e dalla procura generale di Firenze. L’associazione Penelope Italia, parte civile nel processo, è nata nel 2002 su iniziativa di Gildo Claps fratello della giovane scomparsa a Potenza nel 1993 e il cui cadavere venne ritrovato nel sottotetto di una chiesa il 17 marzo nel 2010. Penelope è un’associazione senza scopo di lucro da sempre impegnata al fianco dei familiari e degli amici delle persone scomparse, con una serie di iniziative di sensibilizzazione dell’opinione pubblica e di coinvolgimento delle istituzioni sul fenomeno degli scomparsi.

Il Tirreno ricorda la vicenda:

Il ricorso della Procura. Il ricorso si basa su quattro pilastri che, nelle intenzioni dell’accusa, dovrebbero smontare il proscioglimento di Logli.

Le contestazioni riguardano l’eccesso di motivazioni del gup che sarebbe andato oltre la disamina richiesta in sede di udienza preliminare; non aver valutato in maniera approfondita una serie di elementi sostenuti dall’accusa anche a livello testimoniale; non aver chiarito su quali riscontri si possa sostenere che, pur in assenza del corpo, la donna possa considerarsi viva; aver ritenuto il processo incapace di poter aggiungere ulteriori elementi probatori.

Anticipato giudizio di merito. Per la Procura il gup «ha esorbitato dai suoi poteri, procedendo ad una valutazione di merito del materiale probatorio acquisito e così esprimendo un giudizio di colpevolezza dell’imputato, anziché limitarsi a valutare se gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio». Non solo. Per la Procura il giudice ha «omesso una valutazione globale del compendio indiziario, limitandosi ad un’analisi meramente parcellizzata e atomistica degli indizi, nonché omettendo, anche a causa di tale metodo errato, di verificare se le fonti di prova si prestassero a soluzioni alternative e aperte».

Il teste Gozi. Il perno dell’accusa è Loris Gozi, il giostraio che sostiene di aver visto Logli in auto la notte tra il 13 e il 14 gennaio in via Gigli. Il gup non gli crede. La Procura argomenta così l’utilizzabilità del teste. «Quanto, per esempio, alla divergenza riguardante il tipo di auto vista dal Gozi ferma su via Gigli, inizialmente indicata dallo stesso in una Citroën C3 e, successivamente, in una Ford Sw con il Logli al posto guida, risulta come il Gozi ne abbia dato convincenti ed esaustive spiegazioni: egli fu indotto dalla moglie e da altri familiari a non rivelare agli inquirenti i fatti nella loro integralità, volendo evitare di rimanere coinvolti nella vicenda».

La fine di Roberta. Per la Procura Roberta è stata uccisa. Il gup sostiene che non ci sono le prove dimostrarlo, né che sia morta. «Se è impraticabile l’ipotesi alternativa dell’allontanamento volontario si legge nel testo – sono anche da scartare in radice le numerose segnalazioni dell’esistenza in vita della Ragusa».

Loris Gozi
(foto Lapresse)
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Alberto Francavilla