ROMA – Una lettera straziante quella che Roberta Ragusa ha scritto al marito Antonio Logli, condannato a 20 anni di carcere per il suo omicidio. Una lettera che è stata presentata durante la trasmissione del programma Chi l’ha visto? in onda su Rai 3, che ha voluto così ricordare Roberta, scomparsa nel gennaio del 2012 e secondo gli inquirenti e i giudici uccisa proprio dal marito Logli, che venne scoperto al telefono con la sua amante e l’avrebbe colpita a morte durante il litigio che ne è scaturito.
“Non ne posso più di come ti comporti”, scriveva Roberta Ragusa al marito accusandolo di coltivare i suoi interessi fuori dal tetto coniugale e di abbandonarla, tanto che ormai vivevno due vite parallele. La lettera è stata scritta dalla donna, il cui cadavere non è mai stato ritrovato, proprio nel giorno dell’anniversario del loro matrimonio ormai al capolinea. Dopo la scomparsa di Roberta Ragusa dalla casa di Gelo, in provincia di Pisa, la baby sitter e amante Sara Calzolaio ne ha preso il posto in casa. Ecco il testo della straziante lettera di Roberta Ragusa al marito Antonio Logli:
“Mi sembra davvero strano trovarmi nella necessità di parlarti con parole scritte, a voce non è più possibile oramai dato che quanto io entro nel letto tu già dormi e quando tu ti alzi io dormo ancora. Durante il giorno, nel poco tempo che sei a casa, i bambini ti reclamano, la pasta scuoce e il telefono squilla. Non c’è mai tempo, scivola, scorre via come sabbia tra le dita questo tempo, non c’è tempo per parlare, per ascoltare, per capire, non c’è tempo per sentire i mutamenti del cuore, non c’è tempo per cogliere l’essenza, l’attimo della vita. Tu non ti accorgi che io vivo la vita, fuori dalla mia vita e che i miei occhi guardano occhi che non guardano i miei. Coltivo le mie due perle che grazie al cielo sono sempre più lucenti, il resto è tutto piatto, grigio, frustrante.
Sai, a volte mi capita di aprire i cassetti della memoria e mi sorprendo nel constatare quanto è diversa la persona che sono diventata dalla persona che ero e che sognavo di divenire. Sognare: negli anni è sempre più difficile, non trovi? E i sogni di chi come me sogna di rado, sono sempre più utopistici, allora ti aggrappi alle cose certe, agli affetti, alla famiglia, hai notato come i figli piccoli siano accentratori di amore? Lo pretendono, lo assorbono e ne fanno indigestione ed è la più bella forma di amore perché è incondizionato. Già tu glielo dai senza chiedere nulla in cambio, è meraviglioso poterli amare e poter crescere con loro.
Ma noi? Cosa resta di noi? Viaggiamo su binari paralleli, ci parliamo senza dare risposte, non ci diamo reciprocamente ciò che vorremmo, siamo vicendevolmente delusi, caduti talmente nell’abitudine che sembriamo già vecchi. Sono stanca, stanca, stanca, stanca dei battibecchi sui soliti quotidiani argomenti, stufa di chiederti quello che qualsiasi compagno con un po’ di buon senso capirebbe al volo esasperata dal tuo modo di rispondere sempre fingendo di non capire o travisando la realtà dei fatti. Non ne posso più del modo in cui ti comporti con tutti noi, quasi sempre inopportuno, inadeguato, irritante.
Se tu avessi anche solo un briciolo di sensibilità ti chiederesti: “Ma cosa ho dato, cosa sto dando di me stesso alla mia compagna, mi preoccupo di ciò che pensa, prova, desidera?”. Vorrei essere ogni tanto al centro della tua attenzione, sapere che ti dispiace di vedermi stanca, spossata, esausta, di vedere che privo me stessa di tutte le cose personali, ma tu vivi la tua vita, coltivi i tuoi interessi fuori di qui, fuori da me. Non ti ricordi mai nulla, non un fiore, neanche quando è nato il primo figlio e sarebbe stato così anche alla nascita della bambina, se non te lo avesse suggerito un’altra persona. Anche oggi per esempio, non ti sei ricordato il nostro anniversario. L’ennesima delusione. So che tu non ami leggere, perciò lo fermo questo fiume di parole che sicuramente ti lasceranno indenne, intonso nel tuo presuntuoso cinismo, nell’alta opinione che hai di te. Non importa, non più.
Baci,
Roberta”.