Roberta Siragusa, Pietro Morreale scrisse a un amico per crearsi un alibi? Intanto c'è un video (Foto Ansa)
Pietro Morreale avrebbe scritto a un suo amico chiedendogli se avesse visto Roberta Siragusa. Questo almeno sostengono i pm, secondo i quali si tratterebbe di un modo per ricavarsi un alibi. Pietro Morreale è il ragazzo accusato di aver ucciso la fidanzata, Roberta Siragusa, e di averne cercato di bruciare il corpo. Ora è accusato di omicidio volontario e occultamento di cadavere.
Nel corso dell’interrogatorio il ragazzo si è avvalso della facoltà di non rispondere limitandosi a dire: “Non l’ho uccisa”. Domenica mattina, invece, dopo aver portato i carabinieri sul luogo in cui era il cadavere, avrebbe dato una versione che i pm ritengono assolutamente falsa. Roberta Siragusa è stata uccisa a Caccamo (provincia di Palermo). Il cadavere della ragazza di 17 anni è stato trovato in un burrone. A farlo ritrovare, raccontano le cronache, è stato il fidanzato Pietro Morreale, 19 anni.
Morreale avrebbe infatti raccontato che insieme a Roberta si sarebbe appartato in auto. I due avrebbero litigato e la ragazza sarebbe scesa dalla macchina e si sarebbe data fuoco con la benzina. Il ragazzo avrebbe cercato di soccorrerla, poi sotto choc sarebbe fuggito e sarebbe tornato a casa. All’alba avrebbe detto ai suoi quel che era successo e col padre sarebbe andato in caserma.
Una versione confermata sostanzialmente dai genitori e dalla sorella di Morreale che, per i pm, però, “presenta alcune determinanti incongruenze che raffrontate con altre dichiarazioni costituiscono un quadro indiziario particolarmente grave”.
Ci sarebbe poi un video in cui si vedrebbe l’auto di Morreale fare su e giù dal luogo in si trovava il corpo tra le 2.30 e le 3.38 di sabato notte. Del video parlano i carabinieri, citati, tra gli altri, da Repubblica. Inoltre l’amico a cui il ragazzo avrebbe chiesto la mattina di domenica dove fosse Roberta, avrebbe parlato con Morreale al telefono alle 2 di notte e testimonierebbe secondo i pm che Pietro era solo in macchina.
Dai primi rilievi medico-legali emerge intanto che Roberta era già morta quando è stato bruciato il corpo e che sul cadavere ci sono numerose escoriazioni. La Procura sottolinea infine diverse incongruenze anche nelle versioni date dai genitori dell’indagato.
“Stava sempre con noi Pietro. Da un anno e mezzo, uno di famiglia. Spesso qui a tavola. Lo conoscevamo bene. E in paese ci conosciamo tutti, come ripeto all’avvocato, anche lui di Caccamo, chiedendogli se davvero abbiamo nutrito l’assassino della nostra bambina…”, queste le parole di Iana, la mamma di Roberta.