PALERMO – Ci ha provato. Nonostante l’età, i bronchi che non funzionavano tanto bene da anni, il terrore provocato dalle fiamme e dal fumo, ha tentato di salvare la figlia trentenne, disabile fisica e psichica, adagiata sul letto, dall’incendio della loro abitazione al secondo piano di un edificio popolare in via Messina Marine 53/c a Villabate, comune che e’ tutt’uno con Palermo. Poi è morta.
Nunzia Carmela Castelli, 69 anni, anche lei con qualche problema psichico e con gli acciacchi dell’età e di una vita travagliata, verso la mezzanotte di ieri, dopo essersi accorta delle fiamme che divampavano nell’appartamento e’ corsa dai vicini chiedendo aiuto e nonostante fosse asmatica e’ rientrata in casa tentando di portare fuori la figlia. E’ stata la sua fine. Gli ultimi respiri di poco ossigeno e tanto fumo che l’hanno uccisa.
”Non sapevamo cosa fare – dicono gli altri abitanti dello stabile – Abbiamo telefonato subito ai vigili del fuoco e le gridavamo di venir fuori dalla casa”.
Carmela ha pagato il suo tentativo disperato di madre che ama la propria figlia. Dopo l’arrivo dei vigili del fuoco si è accasciata nell’androne della palazzina ed e’ morta. Forse consapevole che la figlia era salva. La giovane è stata ricoverata in ospedale, un po’ intossicata ma ora sta bene.
La donna abitava da 23 anni in quella casa all’interno di un nucleo di edifici popolari, costruito nel ’73 e che porta i segni del tempo, circondato da campi incolti, da un piccolo luna park ambulante e da terreni in cui si sta edificando. Viveva della magra pensione sociale e del contributo per la sua ragazza disabile che non aveva mai voluto abbandonare.
Per raggiungere il primo negozio di alimentari doveva fare alcuni km a piedi lungo lo stradone che costeggia il mare reso invisibile dall’abusivismo e dal degrado e che porta da un lato alle case di Palermo e dall’altro al barocco di Bagheria. Una vita quotidiana fatta di stenti quella di Carmela.
Scambiava poche parole coi vicini. ”L’abbiamo invitata anche a Natale – dice un uomo – ma lei diceva sempre no. Stava solo con la figlia, chiusa in casa. Erano sole, abbandonate. Mai una visita di un parente o un amico”.
Una storia di povertà che è terminata in tragedia con la madre morta e la figlia che sicuramente finira’ in qualche istituto.
”Carmela – ricorda il vicino – ogni tanto usciva e raccoglieva vecchie riviste, stracci, razzolava nei cassonetti dei rifiuti cercando qualcosa che secondo lei poteva utilizzare anche come ornamento di casa. Ecco perche’ l’appartamento era pieno di stoffe e carta”.
E’ stato proprio quel materiale accumulato a ucciderla. La causa delle fiamme dev’essere ancora accertata, forse sono divampate per una vecchia stufa o per un corto circuito. Ma è certo che a uccidere la donna è stato l’aver respirato il fumo acre delle cianfrusaglie bruciate che lei andava raccogliendo, forse per venir fuori, a modo suo, dalla tristezza di una vita infelice di solitudine.