ROMA – “Dica no alla violenza, convinca chi sa a parlare”. La giornalista del Messaggero Marida Lombardo Pijola chiedeva in una lettera del 5 giugno 2009 chiarezza sul pestaggio di un amico del figlio. Un appello al sindaco Gianni Alemanno per convincere gli “spettatori” della vicenda, tra cui Manfredi Alemanno, a denunciare i picchiatori neofascisti.
La Lombardo Pijola, nella lettera ripresa dal Fatto, racconta quanto accaduto: “Un gruppo di ragazzine, conoscenti di una coetanea che abita nel nostro condominio, e che era in quel momento assente, sono entrate (benché non invitate e non accompagnate da nessun condomino), nella piscina del complesso dove abitiamo, alla Camilluccia. Si sono fatte in seguito raggiungere da un gruppetto di ragazzini, tutti minorenni, tra i quali suo figlio, apparentemente accompagnato da una vettura con autista. Alcuni dei ragazzi hanno cominciato a esibirsi in saluti romani e gesti fascisti. Era presente in piscina anche uno dei miei tre figli, assieme ad alcuni compagni di scuola, tutti quindicenni. Uno di questi, Luca – un nome di fantasia inserito dal Fatto Quotidiano che dopo due anni e mezzo ripropone la vicenda – peraltro di antica e notoria fede politica di destra (per quanto di fede politica si possa parlare, a quell’età), ha raggiunto i ragazzini e li ha invitati a desistere da un’esibizione di cattivo gusto e fuori luogo, che avrebbe potuto infastidire i presenti, trovandosi loro, oltretutto, in casa d’altri. Dove nessuno, peraltro, li aveva invitati”.
Nessuna reazione in un primo momento, a parte un ragazzo che si è presentato con fare minaccioso come iscritto al Blocco Studentesco, vicino a Casapound. Minacce, una telefonata, poi il pestaggio. La Lombardo Pijola scrive: “Dopo circa mezz’ora, nel nostro condominio si è svolto un vero e proprio raid fascista, con feroce pestaggio, in perfetto stile da camicie nere. Un gruppo di giovani maggiorenni (dieci, dodici?), sono piombati a casa nostra a bordo di auto e moto. Mentre due mantenevano aperto il cancello e altri facevano da palo sulla stradina privata nella quale abitiamo, altri hanno fatto irruzione in piscina e si sono avventati in gruppo contro Luca, respingendo bruscamente indietro i suoi amici che tentavano di difenderlo. Lo hanno pestato con ferocia inaudita. Hanno infierito su di lui per mezzo di pugni, calci, colpi di caschi, mirando prevalentemente alla testa, fino a ridurlo una maschera di sangue. Intanto ragazzine e ragazzini del gruppo di suo figlio – apostrofa al sindaco Alemanno – assistevano al pestaggio come a uno spettacolo, alcuni ridacchiando”.
Solo l’intervento del marito della giornalista, Guido Vitelli, ferma la violenza della spedizione punitiva. Una brutale aggressione che il giovane ragazzo ha scelto di non denunciare temendo ritorsioni, e che la giornalista commenta: “Capisco Luca e il suo terrore. Eppure, sia come madre sia come professionista impegnata da anni a denunciare e documentare l’impennata di violenza e di bullismo che sta contaminando le nuove generazioni, sono profondamente amareggiata anche da questo atteggiamento, che rafforza l’inclinazione di alcuni alla prevaricazione, e quasi li legittima, in un regime di silenzio contiguo all’omertà. Sono certa che la Digos, troverà quei criminali. Davanti a una vicenda così grave, e così piena di implicazioni sociali, io, oltre a informarla, com’era mio dovere fare, le chiedo di allearsi con noi. Vorrei che inducesse suo figlio a denunciare gli aggressori di Luca. O almeno, se non li conoscesse direttamente, a incoraggiare i suoi amici a fare i nomi”.
Un appello di una madre e di una cittadina che chiede chiarezza ed onestà, ma che dal sindaco non è stato probabilmente ascoltato: il reato ora sta cadendo in prescrizione, denuncia dopo due anni e mezzo il Fatto Quotidiano, e nessuno dei giovani è stato identificato o perseguito dalla legge. Nemmeno Manfredi Alemanno, il figlio del sindaco, ha collaborato perché venisse fatta chiarezza sul brutale episodio di violenza e bullismo.