MILANO – Un mese fa Umberto Bossi commentava: “Qui ne portano via uno al giorno”. Solo poco fa sembrava un’esagerazione, oggi al palazzo della Regione Lombardia, con il ritmo di indagati delle ultime ore, i consiglieri iniziano a chiedersi: “A chi tocca oggi?”. La contabilità della procura è spietata: 10 indagati su 80 consiglieri. Sei del Pdl, tre Lega, uno del Pd. Martedì mattina il Consiglio regionale discuterà il caso Boni. Ma nel frattempo altri due nomi sono finiti sotto indagine: Angelo Giammario, consigliere Pdl, e l’assessore alla Sicurezza Romano La Russa, fratello di Ignazio.
Il più arrabbiato, ieri, era Romano La Russa: “C’è stata un’irregolarità burocratica, tutto qui. Nessuna “controparte”, neanche un euro è passato di mano. Provo amarezza, ecco. Dopo 40 anni di onorata carriera politica c’è il tentativo di mettere la nostra famiglia accanto a una cosa che non mi piace. Ma anche questo mi fa un po’ sorridere. Per usare il nome La Russa hanno dovuto trovare un manifesto non registrato. È una prova al contrario della nostra onestà”.
Il capogruppo del Pd Luca Gaffuri, dopo l’indagine su La Russa, sottolinea che “ora è caduto anche il teorema di Formigoni secondo cui la giunta non era toccata direttamente dalle inchieste”. Replica il governatore: “Romano La Russa fa parte sì della giunta, ma non è minimamente implicato per atti che riguardano il governo della Regione. Io sono il garante degli atti dell’esecutivo. Se poi qualcuno ha commesso delle irregolarità amministrative nel corso di un’attività politica extraregionale, ne risponderà e darà spiegazioni”.
Martedì tutta l’opposizione tornerà a chiedere le dimissioni di Davide Boni, presidente leghista del Consiglio nonostante l’inchiesta sulle tangenti.