Immigrati sfruttati e sottopagati. Lavori di 12 -14 ore al giorno per pochi euro, senza contratto o con contratti che, nella prassi, non vengono rispettati. Una realtà, questa, che non è solo quella di Rosarno ma, purtroppo, diffusa in modo regolare su tutto il territorio nazionale.
Non fa eccezione il nord est, l’area più ricca del nostro Paese. Solo in Veneto di stranieri, comunitari e non, ce ne sono 36.000 occupati a tempo determinato. Si tratta di quelli “regolari”, quindi, della punta dell’iceberg. La nazionalità più rappresenta è quella romena, mentre i marocchini sono i più numerosi tra gli extracomunitari.
Gran parte di questi stranieri lavorano nel settore agricolo quello, secondo la Cgil, dove lo sfruttamento è più intenso e spietato. Spiega Alessandra Stivali, responsabile del dipartimento immigrazione della Cgil di Padova che « le condizioni degli immigrati in agricoltura, soprattutto nelle coltivazioni più diffuse, di patate e radicchio, sono drammatiche, e purtroppo sconosciute. Spesso si tratta di lavoratori in nero, con salari da fame. Seguiamo ancora il caso di un ragazzo marocchino che era stato assunto in un’azienda agricola . Era obbligato a lavorare 12 ore al giorno, veniva pagato 4 euro all’ora e viveva nella stalla. Maltrattato e picchiato. Lui ha avuto coraggio: ha denunciato il datore di lavoro».
Si tratta, per la sindacalista, di una situazione simile in tutto e per tutto a quella di Rosarno, il paese in provincia di Reggio Calabria dove, lo scorso 7 gennaio gli extracomunitari dopo che alcuni giovani avevano sparato contro di loro, hanno reagito mettendo a soqquadro il paese.
«Purtroppo in agricoltura il lavoro nero è diffusissimo – spiega la sindacalista al quotidiano Il Gazzettino – ed è naturalmente difficile quantificarlo. Ma anche per gli oltre 2500 regolari, la situazione non è facile. In molti casi non vengono retribuiti secondo contratto, non percepiscono più di 3 o 4 euro all’ora, dovendo impegnarsi tutta la giornata. Hanno paura di ribellarsi, paura di perdere il permesso di soggiorno. Qualche tempo fa una ragazza romena, assunta in un’azienda agricola padovana, è scappata. Stava nell’acqua 13 ore al giorno a coltivare radicchio. Le mani corrose, una condizione disumana. Il problema è che quello dell’agricoltura è un mondo difficile da controllare anche per la molteplicità di piccole aziende che lo compongono e che non producono tutto l’anno. E con i venti di crisi attuali, la situazione è ulteriormente peggiorata: orario ridotto a condizioni disperate».