Avevano chiesto un riscatto di 50 mila euro i due banditi che nel pomeriggio del 27 ottobre hanno sequestrato Andrea Uncini, per poi liberarlo la mattina dopo verso le 6:40, legato, imbavagliato, e con evidenti segni di percosse, nelle campagne di Cupramontana, a poca distanza da Rosora (Ancona).
La circostanza della richiesta di denaro era stata tenuta segreta dagli investigatori, per non pregiudicare lo sviluppo delle indagini. La richiesta era giunta la sera stessa, prima ancora che scattasse l’allarme per il rapimento, attraverso una telefonata alla famiglia. Probabilmente, ha spiegato il colonnello Liviano Marino, comandante provinciale dei Carabinieri di Ancona, tutto si inquadra in un regolamento di conti, forse un recupero crediti forzoso, affinché Uncini pagasse debiti forse accumulati per lavori fatti eseguire o altre attività legate alla sua vita privata. Non ci sarebbe invece alcuna relazione fra il tentativo di estorsione e l’attività professionale del rapito, che è assunto come tecnico informatico presso una filiale della Xerox, a Fabriano. L’uomo inoltre non ha alcun precedente penale.
Vistisi accerchiati dalle forze di polizia, che battevano palmo a palmo il territorio della Vallesina, alla ricerca del furgone bianco su cui Uncini era stato portato via, i rapitori hanno avuto paura, e hanno rilasciato l’ostaggio rinunciando al riscatto. Uncini è stato accompagnato in ospedale a Jesi per accertamenti, ma subito dimesso. Presenta vari lividi ed escoriazioni, riportati nelle fasi concitate del rapimento ma verosimilmente anche in un successivo pestaggio ad opera dei malviventi. Dei due uomini, che parlavano italiano con un accento non del posto, per ora non ci sono tracce, e così del furgone Mercedes.
Gli investigatori ritengono che non si tratti di professionisti, né di personaggi della criminalità organizzata. Smentito anche, almeno per ora, un legame con il racket dell’usura.
