ASCOLI PICENO – Alvaro Binni è stato arrestato con l’accusa di omicidio volontario e soppressione di cadavere negli uffici della Questura di Ascoli, dove nella tarda mattinata di mercoledì 15 era stato convocato telefonicamente con una scusa. Era seguito con discrezione dagli agenti della squadra mobile, che ne hanno controllato tutti i movimenti. Non ha opposto resistenza, non ha detto niente ai colleghi mentre gli notificavano l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip del tribunale di Ascoli Carlo Calvaresi che gli apriva le porte del carcere per l’accusa di aver ucciso Rossella Goffo.
Secondo l’autopsia la donna fu strangolata, ma non a mani nude, forse con un laccio. Scomparsa il 4 maggio ad Ancona e ritrovata cadavere il 5 gennaio scorso a Colle San Marco, ad Ascoli, in una pineta poco distante dal luogo in cui scomparve Melania Rea.
Sul corpo non c’erano lesioni da armi da taglio, e soprattutto tracce di Dna estraneo. Un punto, questo, a favore dell’operatore della Questura di Ascoli Alvaro Binni, unico indagato per l’omicidio della donna. Il corpo, inoltre, non era stato sezionato, come si era ipotizzato al momento del ritrovamento dei resti, sparsi nell’area in cui il cadavere era stato sotterrato. D’altra parte, su due attrezzi sequestrati a Binni – una motosega e un’ascia – non erano state riscontrate a suo tempo tracce di Dna. Ma la prova regina per l’accusa è il fatto che nel pomeriggio del 5 maggio, quando la donna fu uccisa, i cellullari della Goffo e di Binni impegnavano la stessa cella. Tradotto, erano nello stesso punto.
La Procura di Ascoli ipotizza che Binni (43 anni, padre di tre figli) abbia ucciso la donna – 47 anni, sposata e madre di due figli ormai adulti – perché questa voleva intensificare la loro relazione. La difesa di Binni sostiene invece che il movente non tiene, perché delle attenzioni, ossessive, di Rossella (persino denunciata per stalking dall’operatore della Questura) era perfettamente al corrente la moglie dell’uomo.
Nonostante fosse indagato già da luglio 2010, Binni aveva continuato a svolgere il suo lavoro di operatore tecnico presso la Questura di Ascoli fino ai giorni successivi al ritrovamento del cadavere della donna, avvenuto il 5 gennaio del 2011. Dopo, era stata disposta per motivi di opportunità l’applicazione presso la questura di Teramo, dove però non è mai andato in quanto in permesso per malattia, mai interrotto.
Un arresto che ha comunque lasciato il segno in questura. ”Ci può essere una sorta di dispiacere ogni qual volta si limita la libertà personale di un individuo e il fatto che si tratti di un poliziotto è un dispiacere in più”, ha detto il questore di Ascoli Giuseppe Fiore, aggiungendo però: “Io, comunque, ho sempre detto che, se si fosse comportato contro la legge, non avrei esitato ad arrestare mio padre”.
Binni si avvarrà della facoltà di non rispondere nell’interrogatorio di garanzia fissato per venerdì 17 alle 9:30, nel carcere di Marino del Tronto, dal gip Carlo Calvaresi. Lo ha anticipato il legale dell’uomo, l’avv. Nazario Agostini. ”Fino a questo momento – ha detto il legale – ci siamo messi a disposizione degli inquirenti, ma adesso c’è un contrasto radicale e non ritengo abbia senso che il mio assistito debba continuare a proclamare la sua innocenza, che è già ampiamente dimostrata. Per fugare ogni perplessità – ha concluso – è possibile che ci avvarremmo di un consulente tecnico per confutare la tesi della Procura sulla presenza di Binni nel luogo del delitto”.