San Raffaele, Mario Cal e la lettera-testamento contro il piano del Vaticano

San Raffaele (foto Lapresse)

ROMA – Salvare il San Raffaele con l’intervento del Vaticano: Mario Cal, il braccio destro di don Luigi Verzè al San Raffaele di Milano, non lo voleva. Lo aveva scritto in una lettera tre giorni prima di morire suicida nel suo ufficio, lo aveva detto a tutti i consiglieri di amministrazione del cda.

Nelle parole di Cal c’era amarezza, probabilmente avrebbe preferito il salvataggio dell’imprenditore della sanità privata Giuseppe Rotelli all’entrata del Vaticano. “È una risposta alle accuse dei banchieri Carlo Salvatori e Ennio Doris che imputavano a lui e a don Verzé manovre sotterranee in contrasto con le decisioni del consiglio di amministrazione. Tramite la società di famiglia Velca, Rotelli era disposto a investire immediatamente 250 milioni di euro con la garanzia di fare fronte a tutti i pagamenti. Ma, alla fine, le scelte di don Verzé sono andate in altra direzione”, spiega il Corriere della Sera.

Intanto il tempo corre, ci sono meno di due mesi di tempo per risanare il San Raffaele. E’ l’ultimatum dato dal Tribunale fallimentare di Milano al gruppo ospedaliero nell’incontro a Palazzo di Giustizia tra l’ex ministro Giovanni Maria Flick, affiancato dall’avvocato Franco Gianni, il presidente della IV sezione, Filippo Lamanna e il pubblico ministero Luigi Orsi.

Un margine di tempo risicato per il gruppo fondato da don Verzè considerando che Flick aveva chiesto ai magistrati almeno tre mesi per fare gli accertamenti contabili sullo stato finanziario dell’ente e per predisporre un piano di salvataggio che si presume sia un concordato preventivo. Per rispettare la scadenza del giudice, fissata al 15 settembre, la persona più adatta sembrerebbe proprio Enrico Bondi, che potrebbe tornare a imboccare la strada che lo porterebbe a diventare commissario come ai tempi del crack Parmalat.

Secondo i magistrati il gruppo ha liquidità sufficiente per pagare i dipendenti, i fornitori e le altre passività correnti. Inoltre,alla nuova gestione del San Raffaele è stato chiesto di operare nella ”massima trasparenza” in termini di contabilità, valutazione delle attività compiute nel passato e nel presente e nella gestione delle garanzie di pagamento delle spese correnti, senza quindi aggravare la situazione finanziaria del gruppo. Su questo solco sembra inserirsi la presa di posizione della presidenza della Fondazione San Raffaele del Monte Tabor che dopo le indiscrezioni apparse sui quotidiani in serata smentisce “categoricamente e nettamente ogni supposizione, anzi illazione, sulla costituzione di conti neri all’estero nonché di contabilità parallele durante la passata gestione della Fondazione”. Infine, la Procura ritiene che i nuovi esponenti del Cda siano “giuridicamente precari” in quanto non è ancora stato cambiato lo statuto della Fondazione e Don Verzé, che la presiede, può in qualsiasi momento revocare il loro mandato.

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