Santino Tuzi, figlia Maria: Mio padre non si è tolto la vita

Santino Tuzi, figlia Maria: Mio padre non si è tolto la vita

FROSINONE – La morte di Santino Tuzi, brigadiere della caserma di Arce che si occupò dell’omicidio di Serena Mollicone, non è stata un suicidio. La figlia, Maria Tuzi, continua a non credere che il padre si sia tolto la vita e chiede nuove indagini sul caso. “Mio padre non era depresso, non aveva motivo di uccidersi”, ha detto la figlia.

Intervistata da Radio Cusano Campus, la figlia di Tuzi continua a chiedere nuove indagini sulla morte del padre e annuncia che il 18 dicembre a Sora, in provincia di Frosinone, si svolgerà una manifestazione pubblica per rendere note alcune anomalie e chiedere di riaprire l’inchiesta sulla morte di Tuzi, avvenuta nell’aprile 2008 ad Arce:

“Maria Tuzi, figlia del Brigadiere Santino, è intervenuta ai microfoni della trasmissione “La Storia Oscura” su Radio Cusano Campus, emittente dell’Università Niccolò Cusano (www.unicusano.it).

“Io non credo che mio padre si sia suicidato -ha affermato Maria Tuzi- perché il periodo che stava vivendo non era brutto, non era depresso, non aveva motivo di suicidarsi. Io in quel periodo ho avuto un bambino e lui mi diceva sempre: “Tranquilla che fra qualche mese vado in pensione e il bimbo te lo tengo io, non hai bisogno di pagare qualcuno”. Quindi faceva anche programmi a lungo termine. Il giorno in cui è morto, mio padre ha ricevuto una telefonata.

E’ uscito dicendo: “Vado un attimo ad Arce e torno subito”. Era sicuramente uscito per tornare, non ci ha fatto pensare che non sarebbe tornato. Una sua amica lo ha invitato a prendere un caffè da lei, lui ha detto: “Vado urgentemente ad Arce, poi quando torno prendiamo il caffè”. Questo mi fa pensare che non aveva intenzioni suicide. Non abbiamo il prosciutto davanti agli occhi, se fosse stato depresso ce ne saremmo accorti. Anche il suo medico ha detto che non ha mai fatto uso di farmaci antidepressivi”.

“E’ strano che una persona che vuole suicidarsi si spara il colpo al cuore -ha aggiunto Maria-. Generalmente ci si spara alla tempia. La pistola era sistemata sul sedile di fianco, non l’aveva né in mano, né era caduta per terra sul sedile. A casa mio padre non ha mai fatto riferimento al caso di Serena Mollicone. Lui ci diceva che i carabinieri stavano indagando, non ci ha mai dato informazioni. Lui diceva che a volte la tv ingrandisce le cose, non dava mai informazioni precise sul caso, sviava sempre l’argomento”.

“Stiamo cercando di far riaprire le indagini sulla morte di mio padre -ha aggiunto Maria Tuzi-. Il 18 dicembre prossimo al comune di Sora organizzeremo una manifestazione per ricordare mio padre e dare notizia di alcune novità che abbiamo trovato leggendo le carte dell’inchiesta. Il caso di mio padre per noi risulta collegato al caso di Serena. Abbiamo riscontrato delle anomalie. Stiamo collaborando con il padre di Serena, speriamo che lui riesca a non fare archiviare quel caso mentre noi cerchiamo di far riaprire il caso legato alla morte di mio padre. Secondo me mio padre si è trovato nel posto sbagliato al momento sbagliato, si è trovato coinvolto in una situazione più grande di lui e non l’ha saputa gestire. E’ stato minacciato e quindi è stato costretto a coprire qualcosa che lui voleva dire già prima dell’interrogatorio prima della sua morte. Alla fine si è liberato, fornendo quella deposizione ai magistrati”.

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