Sabrina avrebbe ucciso per futili motivi, ”niente altro che piccinerie comportamentali”. Questa l’analisi dell’esperto di Psicopatologia forense Vincenzo Mastronardi, dell’università di Roma La Sapienza, sull’omicidio di Sarah Scazzi da parte dello zio, Michele Misseri, e della cugina Sabrina.
”Non è la prima volta che accade che gli omicidi avvengono per motivi banali, senza che sia necessario cercare grandi perché”, aggiunge. ”Si può immaginare – prosegue l’esperto – che Sarah abbia minacciato di andare a raccontare in giro di essere stata molestata dallo zio e che questo sia stato sufficiente a scatenare l’aggressione”. Sabrina avrebbe quindi agito ”per difendere se stessa” da questa minaccia.
Quanto al padre di Sabrina, secondo Mastronardi avrebbe agito come un ”grande manipolatore”, cercando di ”entrare nelle indagini per depistarle dall’interno”. Inoltre, ”nel momento in cui ha visto che poteva non essere creduto” ha giocato la carta della violenza dopo la morte della ragazza per salvare la figlia Sabrina. Una dichiarazione che l’uomo potrebbe aver fatto ”nella sicurezza che l’analisi del tampone non avrebbe dato alcun esito”.
In Misseri, come nella figlia Sabrina, è stato il modo di piangere anomalo a destare i primi sospetti, ha detto lo psicopatologo: ”In entrambi si aveva l’impressione di una sorta di ‘pianto a comando’, soprattutto per il passaggio immediato dal pianto alla sua interruzione immediata, con il risultato di piagnucolio palesemente simulato e privo di emozionalita”. Dal momento in cui ha consegnato il telefonino di Sarah ai carabinieri, il 29 settembre scorso, Misseri ha cercato ”di entrare nelle indagini per depistarle dall’interno”, ha osservato l’esperto. ”Ha consegnato il cellulare proprio quando l’attenzione degli inquirenti cominciava a concentrarsi nei suoi confronti”.
L’8 ottobre, ”quando si è reso conto che non poteva più essere creduto, l’uomo ha tentato ancora una manipolazione, accusandosi di avere fatto violenza sul corpo di Sarah”. Lo ha fatto ”per salvare la vita a sua figlia”, ha detto lo psicopatologo forense. E’ stato un tentativo estremo, ma ”sopportabile per un uomo che il lavoro nei campi ha abituato al sacrificio e che ha senza dubbio una soglia di tolleranza molto alta”.
Un’accusa, quella di vilipendio di cadavere, che forse Misseri sapeva fin dall’inizio che non avrebbe potuto essere dimostrata, ”nella sicurezza che a oltre 40 giorni dalla morte l’analisi del tampone non avrebbe dato alcun esito”. Per Mastronardi non è infatti da escludere che Misseri ”sia un esperto in cadaveri alla luce dell’esperienza fatta in Germania in una ditta di pompe funebri”.