Scaglia: “Il sistema giudiziario è marcio, che ci sto a fare a Rebibbia?”

Silvio Scaglia

«Il sistema giudiziario italiano è marcio e surreale. Sennò non si spiegherebbe come è possibile che uno come me si trovi in galera. Io qua non so che ci sto a fare». Questo lo sfogo di Silvio Scaglia, il fondatore di Fastweb accusato di evasione fiscale nell’ambito dell’inchiesta sul presunto maxiriciclaggio di due miliardi di euro, raccolto da una consigliera regionale che lo ha incontrato nel corso di una visita a Rebibbia, dove è incarcerato.

Polo di cashmere salmone, jeans chiaro, barba rasata di fresco, Scaglia è apparso “impeccabile e curatissimo” alla sua visitatrice, la consigliera del Lazio Anna Evelina Pizzo (Sel). I due si sono incontrati nella cella di Scaglia, del braccio G12 di Rebibbia: una stanzetta “singola”, tre metri per uno, con un letto, una piccola tv e una sedia, e che il fondatore di Fastweb ha “arredato” con diversi libri di economia in lingua inglese.

Scaglia, che fino a poco prima dell’arresto viveva in Inghilterra, si è mostrato indignato verso il sistema giudiziario italiano. «In un sistema come quello inglese se lo sognavano di mettermi in galera – avrebbe detto alla consigliera -. E comunque mi auguro di uscire al più presto, per il mio profilo giudiziario io qua non avrei dovuto metterci piede».

«La cosa che più mi ha impressionata – racconta Pizzo – è stato il suo contegno ancora tutto da manager, la tranquillità e la convinzione che uscirà presto di galera. Io sto facendo un giro di tutte le carceri del Lazio per monitorare l’impressionante numero di suicidi che si è registrato dall’inizio dell’anno – prosegue – e faccio le stesse domande a tutti i detenuti. Quando stamattina gli ho chiesto se avesse bisogno di qualcosa, se avesse problemi psicologici o fosse depresso, Scaglia si è quasi infastidito. Poi mi ha risposto: “Io vengo dal basso, mi sono fatto da solo. Gli altri detenuti lo hanno capito e mi rispettano”».

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Lorenzo Briotti