MILANO, 6 LUG – Per la prima volta il Comune di Milano 'entra' come parte civile in un processo con al centro reati legati alla presenza della 'ndrangheta sul territorio milanese. L'amministrazione comunale, infatti, ha chiesto ed ottenuto di essere parte civile nel processo per il sequestro e l'omicidio di Lea Garofalo, la donna calabrese sciolta nell'acido nel novembre 2009 nel capoluogo lombardo dall'ex compagno, affiliato ad una cosca, e da altre cinque persone, dopo che aveva collaborato con la giustizia. L'avvocato del Comune, Maria Rosa Sala, ha chiesto alla prima Corte d'Assise di Milano, presieduta da Filippo Grisolia, di permettere all'amministrazione di entrare come parte civile nel processo, facendo riferimento alla attivita' di contrasto ''alle infiltrazioni mafiose negli appalti e nel mondo imprenditoriale''. I sei imputati sono accusati di sequestro, omicidio e distruzione di cadavere, ma non e' contestata l'aggravante della finalita' mafiosa. Il legale del Comune, dunque, nella sua memoria di costituzione ha spiegato che l'amministrazione e' attiva per contrastare non solo le infiltrazioni mafiose, ma anche la criminalita' in generale e in particolare la violenza contro le donne. I giudici con un'ordinanza hanno dato il 'via libera' al Comune. .
La Corte ha ammesso come parti civili anche la figlia di Lea Garofalo, Denise di 19 anni, che vive in una localita' segreta sottoposta a un programma di protezione, la madre della donna, Santina, e la sorella, Marisa. Non sono state ammesse, invece, la Provincia di Crotone e la Regione Calabria, perche' i fatti al centro del processo sono avvenuti tra Milano e Monza. Le difese stanno illustrando le questioni preliminari, tra cui l'eccezione di incompetenza territoriale (la competenza, a loro dire, sarebbe del Tribunale di Monza) e all'udienza stanno assistendo, oltre ai parenti degli imputati, molti studenti della Facolta' di scienze politiche della Statale, accompagnati da Nando Dalla Chiesa. Ci sono anche rappresentanti dell' associazione 'Libera' contro le mafie. Lea Garofalo, originaria di Petilia Policastro (Crotone), stando alle indagini del procuratore aggiunto Alberto Nobili e dei pm Marcello Tatangelo e Letizia Mannella, arrivo' a Milano nel novembre 2009, chiamata dall'ex compagno, Carlo Cosco, con la scusa di dover discutere del futuro della figlia Denise. La donna venne caricata su un furgone in zona Arco della Pace, interrogata per ore su quello che aveva detto agli inquirenti su alcune famiglie mafiose crotonesi, poi uccisa con un colpo di pistola in tesa e sciolta nell'acido. Il corpo venne poi sepolto in un terreno nel comune di San Fruttuoso (Monza), completando il piano organizzato, secondo l'accusa, dall'ex compagno, e padre di Denise.