Ieri le scuole italiane hanno riaperto e funzionato in presenza di alunni e docenti nell’85/90 per cento dei casi. Una riapertura in ordine, una riapertura riuscita in proporzioni che poco o nulla hanno avuto a che fare, nella realtà, rispetto agli annunci di catastrofe ingestibile di cui si sono riempiti giornali e tv e nutriti sindacati e politici. Scuola da non riaprire e scuola nel caos se la riaprite è stato il messaggio lanciato da molti alla vigilia. Ora queste voci dovrebbero delle scuse, almeno a se stessi. Ma giornalisti, sindacalisti e politici non si scuseranno nemmeno con se stessi, glielo impedisce una consolidata pigrizia civile, intellettuale e professionale.
Italia ha perso 65, gli altri 27
Durante la pandemia l’Italia ha visto il suo sistema scolastico perdere (in media, con grandi diseguaglianze territoriali) 65 giorni di scuola in presenza. La media dei paesi a noi analoghi per condizione socio economica è stata di 27 giorni persi nel medesimo periodo pandemico. L’Italia ha quindi chiuso le sue scuole circa il triplo di quanto non abbiano fatto gli altri grandi paesi europei. E ha scelto di farlo, sotto la convinta pressione dei governi regionali, dei sindacati della scuola e un po’ di tutta la mini cultura che infarina di sé il ceto politico, quella mini cultura incapace di concepire il danno della scuola amputata oppure totalmente indifferente al danno di domani se questo vale una grana e una fatica in meno oggi.
Il governo Conte chiudeva
Abbiamo avuto un governo, quello di Conte basato su Pd e M5S che le scuole le ha tenute chiuse quanto poteva e presidenti di Regione quali Emiliano chE addirittura demandava ai genitori la scelta e la responsabilità di mandare o no i figli a scuola e quindi decidere se tenerle aperte o no. Abbiamo avuto e abbiamo gran parte del tremebondo ceto amministrativo e non poca parte del corpo docente allineati dietro la voglia insensata di tenere giovani e ragazzi lontani dalle scuole. Voglia senza senso dal punto di vista sanitario: niente scuola però in pizzeria sì e a far sport pure e shopping anche. Voglia che però un senso lo aveva e lo ha ancora: evitare fatica, responsabilità e grane del tenere aperte le scuole in presenza. Questo governo, Draghi lo ha detto con chiarezza, ha l’orgoglio civile di non fare come il governo di prima e di non cedere alla rappresentazioni di impossibilità quando invece sono manifestazioni e attestati di indisponibilità.
Il danno lungo una vita
Una sottrazione se non addirittura una amputazione della formazione scolastica non sono due settimane di vacanze come l’insostenibile superficialità di non pochi sostiene. Sono invece un danno che dura tutta una vita. Danno economico: meno studio e meno formazione uguale meno reddito. Danno sociale: l’incremento di un sotto proletariato cognitivo. Danno politico: l’incremento del disagio e del circolo vizioso di rabbia e ignoranza che si autoalimentano. Danno sanitario: la privazione per i giovani del luogo principe della loro incipiente vita di relazione, la scuola appunto. Una generazione ringrazierà, quando avrà modo di rendersene conto e di far di conto sulla qualità della propria vita futura. Ringrazierà chi tiene aperte le scuole.