Francesco Zanardi, 38 anni, imprenditore nel settore informatico, fondatore del movimento Gay Italiani, e Manuel Incorvaia, 22 anni, precario, convivono dal 2007 a Villapiana. Hanno un sogno, sposarsi: i parlamentari gli avevano fatto sperare che presto sarebbe stata varata una legge per le unioni civili e anche il sindaco di Savona gli aveva promesso che avrebbe ufficializzato la loro convivenza, ma le parole si sono perse nel vento e dall’agenda politica il progetto è svanito.
Per questo, Francesco e Manuel hanno iniziato lo sciopero della fame. Nonostante le associazioni gay europee li abbiano avvertiti che con i tempi della politica italiana rischiano di morire di fame, la coppia non demorde: “Abbiamo chiesto consiglio a Marco Pannella: chi, meglio di lui, ci poteva consigliare come sopravvivere allo sciopero della fame”, dice con una punta di ironia Francesco. “Ci ha consigliato di bere tre cappuccini al giorno, ingoiare vitamine e bere, bere tanto. Faremo come lui ci ha detto”.
“In Italia ci sono due modi per essere omosessuali: l’una, quella scelta da me e da Manuel è mostrasi al mondo così come si è, senza nascondere nulla a nessuno, in pace con se stessi. Oppure non essere visibile: meno problemi sociali ma molti più interni. Lo Stato ti fa sentire un essere sbagliato. Ma noi non siamo sbagliati. Vogliamo il rispetto dei diritti riconosciuto ai coniugi eterosessuali, così come sancito dalla Costituzione”. Spiega Francesco.
Poi Francesco racconta: “Una sera, durante un viaggio in Grecia, sono stato vittima di una grave aggressione omofobica. Mentre ero all’ospedale pensavo: se da qua non uscirò vivo, Manuel perderà tutto. Non solo me, ma anche tutti i miei averi, la casa, le pensione, tutto. Noi due viviamo come marito e moglie, ma per la legge italiana Manuel non ha alcun diritto, non esiste. E queste cose non sono accettabili in uno stato di diritto”.