ROMA – Stretta sulla sicurezza nelle città. Nel decreto approvato venerdì dal consiglio dei ministri si prevede anche il daspo urbano. “Non ci sono nuovi reati né aggravanti di pena ma misure come la possibilià di applicare in modo più ampio quello che si applica nelle manifestazioni sportive – spiega il ministro Minniti -: davanti a reiterate violenze sportive c’è il daspo, di fronte a reiterati elementi di violazione di alcune regole sul controllo del territorio le autorità possono proporre il divieto di frequentare il territorio in cui sono state violate le regole”. Ecco il testo approvato nella parte che riguarda il daspo:
“Il decreto, che definisce la sicurezza urbana quale bene pubblico, è diretto a realizzare un modello trasversale e integrato tra i diversi livelli di governo mediante la sottoscrizione di appositi accordi tra Stato e Regioni e l’introduzione di patti con gli enti locali. Si prevedono, in particolare, forme di cooperazione rafforzata tra i prefetti e i Comuni dirette a incrementare i servizi di controllo del territorio e a promuovere la sua valorizzazione e sono definite, anche mediante il rafforzamento del ruolo dei sindaci, nuove modalità di prevenzione e di contrasto all’insorgere di fenomeni di illegalità quali, ad esempio, lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, il commercio abusivo e l’illecita occupazione di aree pubbliche. Il provvedimento interviene altresì rafforzando l’apparato sanzionatorio amministrativo, al fine di prevenire fenomeni di criticità sociale suscettibili di determinare un’influenza negativa sulla sicurezza urbana, anche in relazione all’esigenza di garantire la libera accessibilità e fruizione degli spazi e delle infrastrutture delle città, prevedendo, tra l’altro, la possibilità di imporre il divieto di frequentazione di determinati pubblici esercizi e aree urbane ai soggetti condannati per reati di particolare allarme sociale”.
Soddisfatti i sindaci, non abbiamo più armi spuntate – Da oggi hanno un’arma in più per garantire la sicurezza dei cittadini: la legge. Finalmente non devono più combattere la battaglia per la sicurezza delle città con le armi spuntate. Con i nuovi e più incisivi poteri riconosciuti, su nostra sollecitazione, dal decreto legge potremo dare ai cittadini le risposte che si aspettano da noi pianificando la strategia. E anche contribuendo a reprimere i reati che particolarmente incidono sul diritto a sentirsi sicuri”. E’ il commento del presidente dell’Anci, Antonio Decaro.
Approvato dal governo anche un pacchetto di misure sull’immigrazione. Il testo approvato in Consiglio dei Ministri contiene misure che permettano ai Comuni, d’intesa con i Prefetti, di impiegare i richiedenti asilo in lavori di pubblica utilità. Non saranno lavori forzati. “Si tratta – ha spiegato il ministro dell’Interno Marco Minniti – di colmare il vuoto dell’attesa, sia per il richiedente asilo che per la comunità che lo ospita. Prevediamo al possibile di rendere un servizio naturalmente su base volontaria e su base gratuita”.
Intanto si cercherà di andare verso un modello di accoglienza diffusa che prevedono il superamento del gestore unico, la tracciabilità dei servizi e poteri di ispezione rafforzati da parte del Ministero.
Il decreto interviene anche sulle domande d’asilo rafforzando le Commissioni Territoriali: Minniti ha annunciato “procedure di assunzione straordinaria di 250 specialisti, con specifiche competenze e professionalità tese a velocizzare al massimo i tempi di decisione”. Il decreto prevede l’istituzione di 14 sezioni specializzate in immigrazione e protezione internazionale presso altrettanti tribunali, i più esposti, dove lavoreranno magistrati con una formazione specifica.
Si interviene, poi, sulle procedure. La novità principale è la soppressione di un grado di giudizio: dopo il no della Commissione, il richiedente asilo potrà rivolgersi al tribunale, che procede “in camera di consiglio con udienza eventuale”. Chi rimedierà un’altra bocciatura, potrà ricorrere solo direttamente in Cassazione.
Secondo Orlando, questa procedura comunque “corrisponde al modello di giusto processo affermato a livello europeo come definito da Corte Europea per i Diritti dell’Uomo”.