Ci hanno provato con la birra a toglierle l’alcol ed è stato un disastro: sapore di risciaquatura di piatti e odore indefinibile. Ora il primo vino senza alcol è in arrivo dalla Spagna, a quanto annuncia l’Unione Nazionale Consumatori, non senza perplessità. Può dirsi vino quello a cui poi, durante il processo produttivo, viene tolto tutto l’alcol? Tanto per esseri chiari, gli spagnoli lo chiamano Winezero.
A parte infatti il dubbio linguistico (il vino è per definizione il prodotto di una fermentazione alcolica, se l’alcol non c’è più magari bisogna chiamarlo in un altro modo), c’è da chiedersi poi se davvero un vino senza alcol ”mantiene tutti i benefici del vino di qualità”, come dice la campagna promozionale di Winezero.
Andrea Poli, direttore della Nutrition Foundation of Italy, osserva: «Sono francamente perplesso. I benefici cardiovascolari del vino, c’è poco da girarci intorno, derivano dal suo contenuto di alcol: non a caso si osservano anche con altre bevande alcoliche. La proporzione di effetti positivi sul sistema cardiovascolare che dipende dalla presenza dei tanto decantati antiossidanti, resveratrolo in primis, è molto piccola: prima di tutto perché mediamente queste sostanze sono assorbite in maniera modesta dal nostro organismo, per cui per garantircene quantità consistenti dal vino dovremmo bere fino a star male».
In secondo luogo, spiega l’esperto, «l’uomo ha un elevatissimo potere antiossidante “intrinseco”: se diciamo che il nostro “livello antiossidante base” è mille, introdurre resveratrolo attraverso il vino potrà spostare di uno o due questo valore. In sostanza, credere in un potere cardioprotettivo di un vino senza alcol è illusorio: per godere dei benefici del buon vino sul cuore non resta che berlo responsabilmente».
Accantonate le speranze di portare in tavola un vino salva-cuore a gradazione alcolica zero, resta l’altro nobile intento del gruppo enologico spagnolo che ha ideato Winezero: secondo loro il vino senza alcol è la soluzione ideale anti-sballo per i giovani, che potranno berlo senza rischiare di ubriacarsi e cacciarsi nei guai.
Di nuovo, Poli manifesta più di un dubbio: «I ragazzi che bevono non lo fanno certo perché vogliono godere i benefici del vino sul cuore, ma proprio per cercare gli effetti ansiolitici e disinibitori dell’alcol. Commercializzare un vino senza alcol con la pretesa di convincere i ragazzi a berlo perché così non sballano mi sembra avviarsi verso il più sicuro degli insuccessi».
Andrea Ghiselli, ricercatore dell’Istituto Nazionale di Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione, concorda: «Temo che il problema sia proprio il gusto di questo vino: staremo a vedere, ma ho qualche dubbio che possa esser buono. Noi provammo, qualche anno fa, a preparare un vino senza alcol per fare esperimenti sul potere antiossidante dei polifenoli su alcuni volontari: non potendo far bere loro quantità smodate di vino, provammo a togliere l’alcol. Il risultato fu che era pressoché imbevibile».
