L’uomo, secondo quanto ricostruito, avrebbe ammazzato l’animale perché lo infastidiva. Il giudice di primo grado lo aveva condannato con l’aggravante della condotta aggressiva verso gli animali. L’imputato aveva così impugnato la sentenza ma la Cassazione ha dato ragione al giudice di prima istanza, ribadendo come ”non solo il Tribunale ha esplicitato la valutazione di non necessità della condotta, anche volendosi porre nell’ottica di una reazione dell’imputato a situazione di fastidio, ma ha complessivamente ricostruito il fatto nella prospettiva di una ripetizione di condotte aggressive che hanno in ultimo condotto alla morte di un animale”. Per questo i magistrati hanno escluso ogni attenuante generica.