ROMA – Sanità, scuola, università, investimenti pubblici: gli sprechi della pubblica amministrazione riguarda tutti e quattro questi ambiti, secondo il rapporto stilato dalla Commissione guidata da Piero Giarda e riportato da Repubblica.
Il documento, che è stato consegnato al ministro dell’Economia Giulio Tremonti in vista della manovra da 40 miliardi che verrà varata a fine giugno, indica come gli interventi di governo sulla spesa pubblica potrebbero essere finalizzati meglio.
Per quanto riguarda gli sprechi nell’ambito della sanità il documento sottolinea le “applicazioni di un fattore produttivo in misura eccedente la quantità necessaria”: detto in altre parole, due impiegati per fare il lavoro di uno solo. Un altro caso emblematico riguarda quello dei farmaci pagati più del valore di mercato da Asl ad Asl.
C’è poi quella che il rapporto definisce l'”Adozione di tecniche di produzione sbagliate e dunque produzione a costi superiori al costo necessario”: lo Stato italiano, è la tesi della Commissione, tende ad usare tecniche di produzione con molta manodopera e pochi macchinari.
Collegato a questo “spreco” ci sarebbe quello dei modi di produzione utilizzati dai servizi pubblici italiani: “antichi e chiaramente più inefficienti e costosi di quelli che avrebbero utilizzando tecnologie più avanzate e innovative”.
Sprechi poi anche nelle politiche di sostegno dei redditi dei bisognosi che, secondo il rapporto, “possono generare disincentivi che riducono la crescita dell’economia e trasformano le condizioni temporanee di bisogno in condizioni permanenti di dipendenza”.
Solo la dinamica delle pensioni sembra tenere nel decennio 2000-2009 dopo il boom del passato. La spesa sanitaria ha mostrato un aumento notevole: tra il 2006 e il 2009 è cresciuta del 2,9% contro un incremento del Pil dello 0,8. In particolare, la spesa per prodotti farmaceutici è cresciuta del 14,1%, quella per l’acquisto di beni e servizi del 7,6%.
la spesa per l’istruzione scolastica è pari a 42 miliardi, di cui la spesa per il personale assorbe l’81,5% del totale contro il 79,2 dei paesi maggiormente industrializzati. Questo nonostante in Italia gli studenti per classe siano meno che altrove: 21 nel nostro paese per la scuola secondaria, 23 in Inghilterra, 24,7 in Germania, 23,2 nella media Ocse.