Scrive il Sole 24 Ore riportando la sentenza della Cassazione:
Sul punto si diffonde la Corte di cassazione con la sentenza 45648 della Terza sezione penale depositata ieri.
La pronuncia ha affrontato il caso di un uomo condannato dalla Corte di appello di Roma, pur con rimodulazione della sanzione da scontare, per i reati di atti persecutori e violenza sessuale. La difesa, tra i vari motivi di ricorso, aveva sottolineato come la Corte d’appello avesse sbagliato nel confermare il giudizio di colpevolezza nonostante la reciprocità delle condotte disturbatrici e aggressive.
Per la difesa, la ricerca da parte della donna di un contatto con l’imputato si pone in contrasto con il concetto di atti persecutori che presuppone una vittima in balìa del suo stalker e nell’impossibilità di reagire. Sempre per i legali dell’uomo, la ricerca da parte della donna di un contatto in via autonoma e persino dopo che l’uomo aveva posto in essere le (asserite) condotte minacciose o aggressive testimonierebbe l’inoffensività degli (asseriti) comportamenti persecutori e anche la capacità di reazione della donna in termini di indipendenza, incompatibile con il concetto di stress fatto dalla norma incriminatrice (articolo 612 bis del codice penale).
La Cassazione, tuttavia, ha confermato l’attribuzione di responsabilità, facendo notare come la reciprocità dei comportamenti molesti non escluda in assoluto la configurabilità del reato di stalking.