TORINO – “I pazienti sono stati usati come cavie“. Il capo d’imputazione nei confronti del Metodo Stamina e di Davide Vannoni e altri 19 indagati è grave. I pm hanno ricostruito storie di finte infermiere e minacce per un affare milionario, cioè Stamina, che secondo le accuse del pm si è rivelato una mera truffa.
Marco Imarisio sul Corriere della Sera scrive:
“Nelle settantuno pagine del documento c’è un dettagliato elenco di episodi esemplari del livello di approssimazione che a giudizio dei magistrati da sempre caratterizza la vicenda di Stamina. Ettore Luciano Fungi, medico di Carmagnola, stretto collaboratore di Davide Vannoni e socio della sua associazione, «nel corso della reintroduzione di cellule staminali», operazione piuttosto delicata che comporta dei rischi, «si faceva aiutare da un addetto alle pulizie come appoggio per il paziente»”.
Non mancano nelle accuse dei pm gli escamotage per eludere le normative sanitarie italiane ed europee,con Vannoni che si è finto ricercatore universitario per accedere alle università estere. E ancora le minacce di Vannoni e Marino Andolina, vice fondatore di Stamina, che alla famiglia di Nicole De Matteis intima il silenzio, anche quando la bambina sta male per le cure:
“Lo stesso Vannoni imponeva ai coniugi De Matteis che avevano portato la figlia al Pronto soccorso di Torino per una crisi di vomito, di tacere ai sanitari che la bambina era stata sottoposta all’infusione di cellule staminali, «altrimenti ci sarebbe stato il rischio di blocco delle cure»”.
Inevitabile, spiega Imarisio, porsi delle domande:
“Come è stato possibile che una cura dagli esiti «ignoti se non nulli», basata sulla somministrazione di preparati «di natura, implicazioni, potenzialità e rischi sconosciuti», applicata «in assenza di qualsivoglia pubblicazione scientifica» sia diventata un’ancora di salvezza per centinaia di famiglie disperate, approdando alla sperimentazione in una struttura pubblica come gli Spedali Civili di Brescia?”.
Stamina è il frutto di un errore di sistema, scrive Imarisio, di cui i medici ora si dicono pentiti:
“«Non ho gli elementi necessari per dare una giusta valutazione del metodo Vannoni». «Non conosco il metodo, se non per informazioni apprese sui quotidiani o dalla televisione». «Ho fatto qualche ricerca sul web». Massimo Sher, uno dei medici più citati nei ricorsi, si vergogna «di aver avuto la leggerezza di poter alimentare false speranze» su quella che — oggi — definisce come «la terapia del nulla». Sono tutti pentiti. L’ammissione di colpa ha fatto guadagnare loro lo status di testimoni, salvandoli da una possibile imputazione”.
Dietro a Stamina poi non cure compassionevoli, come sosteneva in piazza Vannoni, ma un affare milionario e una casa farmaceutica:
“Guariniello non fa sconti a Davide Vannoni, «a suo dire “neuroscienziato”». Lo definisce «di fatto animato dall’intento di ricavare guadagni grazie a pazienti con malattie degenerative senza speranza». Ma la parte che ferirà maggiormente l’amor proprio del presidente di Stamina Foundation è quella sul suo connubio con Gianfranco Merizzi, il proprietario di Medestea, azienda farmaceutica neppure troppo piccola, conosciuta anche per la contestata commercializzazione del Cellulase, un prodotto dimagrante”.
Il futuro di Stamina, per Vannoni e la Medastea, era già segnato:
“In una nota integrativa al bilancio 2012 di Medestea si legge di un «progetto di portata internazionale che sarà controllato dalla nostra società». La Medestea Stemcells srl è il risultato di questa fusione di intenti. Solo durante il 2012 ha acquisito know-how e brevetti per 3.243.976 euro e partecipazioni per 440.302 euro. L’anno 2013 è previsto come periodo di investimenti, mentre per il 2014 si prevedono i primi importanti introiti generati dall’attività delle «Cell Factories»”.
Importanti, tanto da finire anche nel bilancio di Medestea, la “pubblicità” suscitata dalle reazioni dei malati e il clamore dati a Stamina dalla televisione:
«La reazione delle famiglie dei malati e di diverse associazioni — si legge nel bilancio — ha scatenato una attività mediatica di forte impatto che ha indotto il ministero della Salute a emettere un decreto di fondamentale importanza perché ci consente di presentare all’estero la cura con staminali sotto una veste di piena legalità».
Ma come è stato possibile che una struttura pubblica, come gli Spedali Civili di Brescia, si siano resi disponibili alla diffusione di Stamina? Imarisio spiega:
“A vigilare sulla regolarità delle cure e dei prodotti medicinali somministrati agli Spedali di Brescia doveva essere Carlo Tomino, responsabile dell’Ufficio ricerca dell’Aifa. Adesso è indagato per aver «agevolato o comunque non impedito» la commercializzazione di Stamina. All’inizio ha opposto qualche resistenza. Poi si è accontentato di una nota firmata dal direttore generale dell’ospedale «che senza fare esplicito riferimento alla Stamina Foundation garantiva falsamente il possesso dei requisiti prescritti dalla legge» promettendo l’invio a stretto giro di posta «delle relative certificazioni e autocertificazioni». La lettera era stata scritta due giorni prima di proprio pugno da Vannoni”.
E i dirigenti dell’ospedale, Ermanna Derelli, Carmen Terraroli, Gabriele Tomasoni, scrive ancora Imarisio, oltre ad essere indgati sarebbero stati mossi dalla “presenza di un congiunto”:
“Dovevano astenersi, per la presenza di un congiunto. Non l’hanno fatto. Quei tre pazienti sono il cognato della Derelli, il marito di Carmen Terraroli, il fratello di Tomasoni. Fanno parte di quell’esercito di malati che nel nome della guerra mediatica nei prossimi giorni verranno esposti nelle piazze, nudi nelle loro infermità, nel dolore di malattie terribili”.