“Tu non sei nessuno, sei solo un pirla, non conti niente, dammi il tuo nome e ti sistemo io”. Per queste frasi, rivolte ad un vigile urbano, il vicepresidente del consiglio comunale di Milano Stefano Di Martino è stato condannato a nove mesi e cinque giorni di carcere, pena sospesa, per ingiuria, lesioni e resistenza a pubblico ufficiale. Il consigliere del Pdl infatti ha preso parte attiva alla rivolta dei cinesi scoppiata nell’aprile scorso a Milano, in via Paolo Sarpi, cuore di Chinatown.
La quarta sezione del tribunale, presieduta dal giudice Oscar Magi, ha condannato Di Martino anche a risarcire 3050 euro al Comune che si è costituito parte civile nel processo e pagare 50 euro all’agente che aveva offeso. Assolto, invece, per altri capi d’imputazione nei quali era contestata anche la radunata sediziosa.
Insieme al vicepresidente del consiglio comunale sono stati condannati altre 37 persone, che devono rispondere di reati che vanno dal danneggiamento alle lesioni volontarie a pubblico ufficiale e risarcire il Comune di 74.550 euro per i danni subiti.
La prima rivolta etnica milanese era scoppiata il 4 aprile scorso, quando una donna di origini cinesi, Rou Wei Bu, era stata multata da una vigilessa perché stava scaricando merce durante orari in cui è proibito. La donna, incontrandola tre ore dopo, aggredì il pubblico ufficiale, facendo cadere la bimba che aveva in braccio. Immediata la chiamata ai soccorsi ma i cittadini cinesi, che in quel periodo erano presi di mira dalla polizia locale per i controlli contro il “carrello selvaggio”, non si fecero scappare l’occasione e inscenarono una vera e propria rivolta contro le forze dell’ordine.
