Cinque miliaradi di euro. Questo è quanto spende ogni anno lo Stato italiano nell’immane sforzo di tappare le buche sul manto stradale. Uno sproposito, soprattutto se si guarda ai risultati e al fatto che, inevitabilmente, anno dopo altro “le trappole” sull’asfalto sembrano aumentare sempre di più. Con conseguenze drammatiche: ogni anno in Italia muoiono sulla strada oltre 5000 persone, il 30% delle quali giovani con meno di 30 anni. E, nel 20% dei casi, la colpa è anche delle condizioni delle nostre strade.
Del business della manutenzione stradale si occupa, in una lunga inchiesta pubblicata sul quotidiano La Repubblica, il giornalista Luigi Carletti. A fare impressione sono le cifre: il 34% della spesa complessiva in lavori pubblici se ne va in manutenzione stradale. Un affare che dà lavoro sufficiente a 12.000 imprese. Il cuore del business è nel Comune di Roma che, ogni anno, per “metterci una pezza” spende 100 milioni di euro.
Eppure le strade sono sempre un colabrodo. Il primo problema, secondo quanto scritto da Carletti, sembra essere proprio l’eccessiva concorrenza. Le aziende che puntano agli appalti sono tante: il risultato è che al momento delle gare le aziende si contendono il lavoro a suon di ribassi record, anche del 40%. Quei soldi, poi, vanno recuperati e il modo più semplice per farlo è quello di avere il “braccino” sui materiali. Del resto la redditività dell’impresa consente i tagli. Spiega l’imprenditore romano Andrea Petrucci che nel ciclo dell’asfaltatura “i margini di redditività vanno dal 12 fino al 18-20%”.
Le aziende puntano a risparmiare e ci va di mezzo la gente. Soprattutto a Roma che è di gran lunga in testa nella poco lusinghiera classifica delle capitali più pericolose d’Europa: solo nel 2008, negli oltre 18.000 incidenti, sono morte 190 persone e ne sono rimaste ferite 24.000. E a contribuire al pericolo è la costante presenza di cantieri stradali. Aprono come funghi e non chiudono mai. Per Sandro Salvati, presidente della Fondazione Ania, si tratta di “black point”, ovvero trappole pericolose per gli automobilisti. Nel 2009 di questi black point ce n’erano 215. A marzo 2010 sono saliti a 243.
Altro aspetto controverso del problema è quello dei controlli. Secondo il sindacato Fillea Cgil sono “carenti e troppo benevoli”. Diversa l’opinione di Eugenio Batelli, presidente dei costruttori Romani secondo cui il problema è di budget: i cento milioni spesi dal Comune di Roma sono “pochi e non si riuscirà mai ad andare oltre il minimo indispensabile”. Difficile insomma, che le buche scompaiano tanto presto dalle strade delle nostre città.
