MINIERA NURAXI FIGUS (CARBONIA IGLESIAS) – I minatori della Carbosulcis hanno interrotto l’occupazione dei pozzi a 373 metri di profondità. Dopo una settimana di protesta contro la chiusura della miniera di Nuraxi Figus i lavoratori hanno deciso di tornare in superficie.
La decisione è stata presa dopo un’assemblea-fiume sull’esito degli incontri di venerdì a Roma, in particolare sull’annuncio che la miniera non chiuderà a fine anno.
Ma se l’occupazione finisce, la mobilitazione continua, in attesa degli ulteriori sviluppi della vertenza e aspettando di fissare un prossimo incontro in Regione per fare il punto sulle modifiche al progetto integrato destinato a rilanciare il bacino minerario del Sulcis.
Lo stato di agitazione dei minatori adesso consisterà nel blocco della discarica di ceneri e gessi provenienti dalla vicina centrale dell’Enel, cioè i residui della lavorazione del carbone utilizzato per produrre energia.
L’ipotesi del carbone pulito. Il progetto per salvare la miniera Carbosulcis in Sardegna è quello del ‘carbone pulito’. Un’ipotesi che potrebbe fornire allo stesso tempo continuità lavorativa e riconversione industriale del sito, e su cui il ministro dell’Ambiente Corrado Clini ha fornito la propria disponibilità all’esame del progetto.
La miniera durante l’occupazione (foto LaPresse)
Con carbone pulito si intende un insieme di tecnologie innovative per ottenere alta capacità e minori emissioni di CO2 (anidride carbonica) in modo da poter avere minori impatti ambientali in seguito alla combustione.
Tra le misure che possono rientrare nel progetto oltre ad un ‘lavaggio’ del minerale, che può essere sia una demineralizzazione o anche una gassificazione o una purificazione, anche la cattura e lo stoccaggio della CO2 su cui il governo Berlusconi aveva già predisposto a settembre dell’anno scorso un decreto legislativo che ne regola l’attuazione.
Con la fase del ‘lavaggio’, minerali ed impurità possono essere eliminate per avare maggiore efficienza e minori polveri inquinanti. Con la gassificazione, il carbone diventa molto flessibile rispetto agli usi che poi se ne vorranno fare (energia elettrica, trasporti o chimica).
La purificazione si concentra sulla post-combustione e la parziale eliminazione degli inquinanti (biossido di zolfo, ossidi di azoto, particolato fine o nanopolveri). La cattura e lo stoccaggio di CO2 (Carbon capture and sequestration) è invece una tecnologia per ‘acchiappare’ l’anidride carbonica alla fonte di emissione, per poi trasportarla e rinchiuderla in siti ad hoc.
Su questa tecnologia, in continua fase di sperimentazione, l’Italia ha recepito la direttiva Ue con un decreto legislativo che offre un quadro di regole per combattere i cambiamenti climatici confinando le emissioni in ”formazioni geologiche sotterranee” (come per esempio vecchi giacimenti di petrolio e gas).
Per poter operare ci si avvale del Comitato nazionale per il protocollo di Kyoto, al cui interno si costituisce la Segreteria tecnica per lo stoccaggio di CO2, composta anche da due rappresentanti dell’Istituto superiore di sanità e del ministero dell’Interno.
Tra i compiti principali della Segreteria c’è la gestione del Registro per lo stoccaggio di CO2 e l’elaborazione dei dati per l’individuazione delle aree. Inoltre, è prevista l’istituzione di una Banca dati al ministero dello Sviluppo economico.