Calisto Tanzi è un bugiardo, ma non pagherà dazio penale per l’ultima, la più sfacciata anche se non certo la più imponente delle sue bugie. Aveva detto: «Non ho tele preziose nascoste». Due giorni dopo ne hanno ritrovato una collezione nella cantina del marito della figlia. Quei quadri valgono cento o cinque milioni di euro? Sarà battaglia tra periti, ma una cosa è certa: non andrà secondo buon senso. Il valore di quelle tele trasformato in moneta corrente non andrà a risarcimento di chi a suo tempo comprò bond e azioni Parmalat per poi trovarsi in mano pezzi di carta svalutati in media dell’ottanta per cento. Sono queste le prime “sentenze”, dettate dai fatti, dopo il ritrovamento in tre appartamenti di proprietà dell’ex presidente del Parma Calisto Tanzi, di una serie di diciannove quadri d’autore.
Nomi da brivido quelli della pinacoteca Tanzi: due Van Gogh, un Monet, un Gauguin, un Picasso e un Degas. Tutti rigorosamente nascosti, chissà come mai, già prima del 2003 quando è esploso il caso Parmalat.
Per uno di loro, il Monet, c’era già il compratore, un magnate russo di cui non si sa l’identità. I quadri saranno «poca roba, cinque milioni al massimo” come dice il consulente Paolo Del Bosco che ne ha curato gli acquisti, ma solo per la Scogliera di Pourville di Monet c’era sul piatto un’offerta da dieci milioni di euro. Con tanto di curiosi e insospettabili intermediari, un idraulico di 67 anni e un ristoratore. Per gli investigatori loro erano poco più che corrieri mentre l’intermediario vero è un altro. Nome top secret, almeno, per il momento.
Conti che non tornano e una vicenda dai contorni che è eufemistico definire ambigui: quadri che non si sa quanto valgano stavano per essere venduti non si sa bene a chi e non si sa bene se in blocco o solo il Monet.
La domanda che interessa di più i tanti creditori di Tanzi, quelli truffati dai bond di Parmalat, però è un’altra. Questi quadri possono riavvicinare il rientro dei soldi investiti nelle obbligazioni? Risposta: no, o almeno non subito. A togliere le residue speranze ai tanti creditori è l’uomo che i quadri li ha ritrovati, il procuratore generale di Parma Gerardo La Guardia che invita a non farsi illusioni. La speranza di recuperare i soldi investiti, per lui, è legata «alle azioni di responsabilità contro le banche”. Detto in parole più semplici, alle azioni contro chi ha venduto i bond sapendo che erano spazzatura. Innanzitutto per i tempi, lunghi, in cui si decidono queste cose. I quadri, una volta recuperati, vanno valutati. A quel punto la Procura li darà al commissario straordinario di Parmalat, quell’Enrico Bondi che ha preso in mano la società agonizzante e ha iniziato a risarcire i creditori. Quando quel lontano momento arriverà, il valore dei quadri potrà essere redistribuito da Bondi? Mica tanto e non proprio: le tele diverranno a quel punto “oggetto” di una nuova ipotesi di reato. Quindi, altro processo dai tempi se non dagli esiti indefiniti. Insomma, campa cavallo…
Comunque, nella più ottimistica delle previsioni, 100 milioni sono poca cosa rispetto ai 14 miliardi del buco di Parmalat. Ammesso che costituiscano un domani parte del risarcimento, saranno, divisi per il gran numero dei pretendenti, briciole.
Tanzi, condannato a dicembre 2008, in primo grado a 10 anni, ha affrontato finora solo il primo gradino del primo processo.
Dovrà probabilmente affrontarne un altro, proprio quello relativo ai quadri: poco prima della scoperta , ai microfoni di Report aveva giurato di non avere nessun “caveau”. Una bugia. Che sia una bugia da 5 o da 100 milioni resta una bugia che apre le porte ad una piccola speranza in più per i creditori. Una speranza che ha il nome di un paese dell’America Latina, l’Ecuador.
Perché Tanzi, nel 2003, una manciata di giorni prima dell’arresto, ha fatto un viaggio in Ecuador, da lui sempre spiegato come viaggio dettato dalla paura del carcere: «Sono andato lì perché è un Paese da cui è difficile venire estradati». Quindi il ripensamento: «Poi ho deciso di tornare indietro».
Una “redenzione” che non convince gli investigatori e una certa tendenza alla “bugia facile” corrobora la tesi della Procura. In Ecuador ci potrebbero essere i soldi di Tanzi, o meglio, dei risparmiatori che avevano investito nei bond di Parmalat. Ne è convinto La Guardia, lo sperano i truffati. E lo spera, certamente, anche Bondi che, coi debiti di Parmalat combatte da anni.
Di certo, le bugie di Tanzi non aggravano la sua posizione. In quanto imputato, infatti, il patron ha tutto il diritto di mentire: un diritto non codificato per iscritto ma esistente nei fatti e nella prassi giuridica. Diritto corroborato anche dall’articolo 24 della Costituzione che stabilisce il diritto inviolabile alla difesa. Al punto che, nel 2008, alcuni Senatori tra cui Adriana Poli Bortone hanno presentato un disegno di legge per modificarne la sostanza. Disegno di legge di cui, però, si sono perse le tracce.