Per scacciare e tenere lontani gli spiriti maligni che funestavano la loro traversata verso le coste italiane gettarono in mare, ancora vivi, 13 loro compagni di viaggio. Una vicenda che si è conclusa con la condanna a complessivi 110 anni di carcere, inflitta a quattro scafisti dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Siracusa Giuseppina Storaci a conclusione del processo svolto con il rito abbreviato; un quinto imputato è stato assolto.
Alla sbarra tutti nigeriani con l’accusa di concorso in omicidio plurimo aggravato. Le pene maggiori, 30 anni di reclusione ciascuno, sono state inflitte a Pyus Okuiomose, Tony Waychey e Kelly Osalam; 20 anni di reclusione invece per Silvester Uyi, mentre il quinto imputato, Efe Fasuy, è stato assolto con formula piena. Le pene sono state di gran lunga superiori rispetto alle richieste dei Pm Marco Bisogni e Claudia D’Alitto, che avevano concluso la loro requisitoria chiedendo la condanna per tuti gli imputati a complessivi 78 anni di carcere.
La vicenda fu scoperta l’11 settembre del 2008, dopo l’approdo sulla costa di Portopalo di un barcone con 59 migranti, quasi tutti nigeriani (tra di loro anche diverse donne e due bambini). Qualche giorno dopo alcuni sopravvissuti, trasferiti nel centro temporaneo di accoglienza ed assistenza di Cassibile, attraverso una lettera anonima scritta in inglese, raccontarono quel che era avvenuto in mare durante la traversata, spiegando che 13 loro connazionali erano stati gettati ancora vivi in mare per scacciare gli ”spiriti maligni”.
