ROMA – Teresa e Trifone, qualcuno sa chi è il killer, ma non parla. Questo il titolo di un articolo di Gian Pietro Fiore per Giallo. Articolo che raccoglie le testimonianze sull’omicidio di Trifone Ragone e Teresa Costanza, i due fidanzati di 29 e 30 anni uccisi il 17 marzo scorso a Pordenone. Testimonianze che, secondo l’articolo, non convincono gli inquirenti. Qualcuno sa ma non parla. “Gli inquirenti – scrive Gian Pietro Fiore di Giallo – sono convinti che diverse persone sappiano qualcosa ma che non vogliono parlare per paura. Dietro il silenzio c’è il timore di eventuali ritorsioni da parte del killer”.
“Ho salutato Trifone e Teresa – racconta un super testimone come riporta Giallo – prima di dirigerci verso le rispettive auto. La mia era parcheggiata poco distante dalla loro, dove la lascio sempre, in una strada senza uscita che fa angolo con la palestra. Quando sono salito sulla mia vettura, prima di metterla in moto, ho acceso lo stereo e ho alzato al massimo il volume, poi ho fatto una telefonata. Non ricordo di aver visto qualcuno aggirarsi in quella zona. Mentre effettuavo la manovra per uscire dal parcheggio ho sentito dei rumori simili a dei mortaretti. Quando sono passato davanti alla Suzuki di Trifone, ho notato la testa di Teresa appoggiata allo sportello. Sporgeva dal finestrino. La cosa mi è sembrata un po’ strana ma ho comunque proseguito la marcia, senza fermarmi”.
Questa testimonianza, scrive Giallo, ha lasciato tutti molto perplessi. “Le domande che ci siamo posti sono tante – scrive Gian Pietro Fiore – davvero quest’uomo ha confuso gli spari di una pistola con dei mortaretti? Se la prima cosa che ha fatto una volta salito sulla sua auto è stato accendere lo stereo e alzare al massimo il volume, come può avere contemporaneamente fatto una telefonata? E, soprattutto, come è possibile che non abbia visto nulla di più di quanto riferito dagli inquirenti?. Eppure la tragedia è avvenuta a due passi da lui (…)”.