MONTECARLO – E’ passato circa un anno dall’inchiesta del Giornale sulla casa di Montecarlo abitata dal cognato di Fini, Giancarlo Tulliani. Libero, in un articolo firmato da Francesco Borgonovo, ha nuovamente tirato fuori la vicenda, spiegando che ora sul citofono c’è una targa col cognome Colleoni, mentre sul campanello dietro la porta resiste il cognome Tulliani. Proprio la targa fu l’elemento da cui nacque la “crociata” del Giornale contro Tulliani e Fini.
Borgonovo ricostruisce tutte le tappe della vicenda. Nel 1999, quando la contessa Colleoni morì, l’appartamento fu lasciato in eredità ad Alleanza Nazionale. Nel 2010 Il Giornale scoprì che in realtà ad abitare quella casa era Giancarlo Tulliani, fratello della compagna di Fini, Elisabetta.
Prosegue Borgonovo: “Salta fuori, nel corso dell’inchiesta, che il quartierino nel 2008 è stato venduto da An a una società con sede ai Caraibi, chiamata Printemps. Prezzo: trecentomila euro, pochino per un immobile del genere. Poco dopo, la Printemps lo ha ceduto, a un costo appena superiore, a un’altra società offshore, la Timara, con sede nello stesso luogo”.
Per il giornalista “secondo un documento fornito a un certo punto dal ministro degli Esteri dell’isoletta di Saint Lucia nei Caraibi, sarebbe proprio il Tulliani il titolare delle varie società offshore che si sono passate la casa”.
Gianfranco Fini, tirato in ballo, racconta Borgonovo, “dice di non saperne niente, di aver provato un certo disappunto nello scoprire che suo cognato disponeva dell’appartamento. E promette che se si appurerà che la casa è di proprietà del Tulliani, si dimetterà dalla presidenza della Camera”. Promessa, puntualizza Borgonovo, che non è stata mantenuta.
Borgonovo infine descrive le condizioni in cui versa adesso l’appartamento: “A Montecarlo, in Boulevard Princesse Charlotte, al piano terra, ci sono solo finestre tappate. Il balcone è sporco, i muri un po’ sfatti, trascurati. Non che l’anno scorso fossero uno splendore, per carità. Si vede, ripiegata, una branda. A fianco, un contenitore di cartone che avvolge forse un tappeto”.