ROMA – Stando alle indagini della Procura di Milano, Silvio Berlusconi, la vigilia di Natale del 2005, ricevette ad Arcore due imprenditori che volevano fargli ascoltare il file della ormai famosa intercettazione ”abbiamo una banca” tra Piero Fassino e Giovanni Consorte, che venne poi pubblicata su ‘Il Giornale’ pochi giorni dopo. E sempre secondo l’accusa, però, manca la prova che il premier ricevette materialmente quel ‘nastro’ e per questo, nei mesi scorsi, il pm Maurizio Romanelli, dopo un’iscrizione ‘tecnica’ nel registro degli indagati, aveva chiesto l’archiviazione per il presidente del Consiglio.
Il gip di Milano Stefania Donadeo ha deciso, però, di non accogliere al momento la richiesta di archiviazione e di fissare un’udienza per far discutere accusa e difesa, sentire le loro ragioni in merito, approfondire e poi decidere. In particolare, l’udienza, fissata per sabato 16 luglio, riguarderà uno dei due reati contestati al premier: il concorso in rivelazione del segreto d’ufficio. Ossia, l’accusa di essere stato partecipe della ‘fuga di notizie’ riguardo a quella telefonata intercettata ai tempi della scalata di Unipol a Bnl. E’ probabile che il gip dopo l’udienza si riservi e decida successivamente, dopo aver studiato gli atti.
Da codice, sono tre le possibili decisioni: l’archiviazione dell’accusa, l’ordine al pm di effettuare nuove indagini o di formulare la richiesta di rinvio a giudizio (imputazione coatta). Il 16 dicembre scorso, dopo un’iscrizione nel registro degli indagati ‘lampo’, durata 24 ore, il pm aveva chiesto l’archiviazione anche per il reato di concorso in ricettazione del ‘nastro’. Su questa parte della richiesta il gip non ha ancora preso decisioni. Lo stesso giudice Donadeo, lo scorso 10 giugno, aveva condannato con rito abbreviato a 2 anni e 4 mesi di reclusione, accogliendo l’impianto accusatorio del pm Romanelli, l’imprenditore Fabrizio Favata.
Secondo l’accusa, sarebbe stato lui a far da tramite tra Roberto Raffelli (ha patteggiato la pena), titolare dell’azienda che svolgeva le intercettazioni per conto della Procura, e Paolo Berlusconi, fratello del premier e editore del Giornale. Tutti e tre, stando alle indagini, erano presenti il 24 dicembre 2005 ad Arcore. L’intercettazione finì poi in prima pagina sul Giornale il 31 dicembre, scatenando una ‘tempesta’ di reazioni politiche. Paolo Berlusconi è stato già rinviato a giudizio dal giudice, il 3 giugno scorso, con le accuse di concorso in rivelazione di segreto d’ufficio, ricettazione e millantato credito (il processo comincerà il 4 ottobre).
E Piero Fassino, che è parte civile nel processo all’editore, ha già ottenuto un risarcimento di 40 mila euro per danni morali nel processo a Favata. Secondo l’accusa, Paolo Berlusconi avrebbe commesso i reati ”in favore del fratello”, ma, si legge nella richiesta di archiviazione, ”non vi è prova tranquillante della materiale ricezione” da parte del premier ”della chiavetta (una pen-drive con il file, ndr) nella riunione di Arcore del 24 dicembre 2005”.