Battaglia al precariato ma timori di una diminuzione dell’autonomia degli Atenei: sono queste alcune delle osservazioni sulla riforma dell’università, ieri approvata a Montecitorio e ora attesa in terza lettura al Senato, sollevate da alcuni rettori italiani in diverse interviste pubblicate sui quotidiani di oggi, 1° dicembre.
”Negativo” il giudizio complessivo sulla riforma espresso da Massimo Mario Augello, rettore dell’Università di Pisa, “in primis – dice alla Stampa – per l’impianto della riforma che non punta al prodotto ma al processo, riducendo l’autonomia degli atenei”. Inoltre, prosegue, ”una riforma che si pretende di fare a costo zero rischia di valere zero”.
Il problema dei ”baroni”, aggiunge, è radicato ”nel malcostume diffuso e nel dna delle persone” e ”non c’è bisogno di fare una riforma per una regola del genere: basta inserirla nel regolamento dei bandi di concorso”.
Giuliano Volpe, rettore dell’ateneo di Foggia, spiega al Messaggero che con il ddl ”si mettono troppe regole” e ”l’autonomia degli atenei viene molto limitata”, mentre è ”positiva la modifica del reclutamento dei docenti” perché ”spariscono i concorsi solo locali e si parte da una abilitazione nazionale deliberata da commissioni sorteggiate”.
Il rettore dell’Università di Camerino, Fulvio Esposito, guarda positivamente alla riforma perché ”sconfigge idealmente il precariato”, anche se ”le mancano dei pezzi”. L’aspetto migliore del testo, afferma in un’intervista alla Stampa, ”è l’introduzione dell’obbligo di trasparenza nel rapporto fra il datore di lavoro, l’università, e il lavoratore, l’aspirante ricercatore”. L’emendamento su ‘parentopoli’, tuttavia, non è a suo avviso ”sufficiente a risolvere il problema” dei baroni: ”serve un cambio di mentalità”.
”Qualche criticità, ma anche spunti interessanti” vengono individuati da Guido Fabiani, rettore di Roma Tre, che dalle colonne del Messaggero invita i colleghi alla responsabilità: ”Sta agli atenei decretare il successo” della riforma. ”Dobbiamo coglierne gli aspetti positivi – dice -, come le innovazioni sul merito e sul reclutamento, e declinarli nella vita quotidiana delle nostre università”.