Dal 16 dicembre parte la possibilità di vaccinare contro il Covid i bambini e per la fascia 5/11 anni. Vaccinazione già partita negli Stati Uniti e in Israele e che in Europa è già cominciata in Francia per i soggetti più fragili. A pochi giorni dal via ne abbiamo parlato col professor Riccardo Longhi, pediatra di iDoctors.it con una lunga esperienza di ricerca. Ex primario a Como e già membro dell’American Board of Pediatrics.
Il pediatra ha sottolineato l’importanza di vaccinare anche i più piccoli, perché non è vero che questi sono esenti da conseguenze gravi e come per loro, avendo una migliore risposta immunitaria, potrebbero essere sufficienti due dosi.
Il professor Riccardo Longhi spiega: “È un vaccino che deve essere fatto perché, purtroppo, il virus del Covid-19 lo porteremo con noi per molti anni. L’unica speranza per poter alla fine convivere con lui, come facciamo con il virus influenzale, è quella di diminuire il più possibile la possibilità che circoli. E questo lo possiamo fare solo aumentando la platea dei vaccinati. Già oggi, non essendo ancora immunizzati, i bambini sono i maggiori portatori del virus e quindi i responsabili involontari dell’aumento delle infezioni. Per ritornare a una vita normale senza doversi angosciare al pensiero di nuove restrizioni bisogna che il numero di vaccinati si avvicini il più possibile alla
soglia del 100%, e l’unico modo per farlo è che tutta la popolazione sia vaccinata. Ma è un vaccino che deve essere fatto non solo per questo ma anche per aiutare i bambini: continuare a costringerli, come succede adesso, alla didattica a distanza un giorno sì e l’altro no sicuramente non è una buona soluzione”.
“Negli adulti il numero di infezioni da subito è stato molto elevato, con sintomi importanti, mentre nei bambini si è visto un peggiorare della situazione nel tempo. E’ vero che il bambino si ammala ancora adesso meno e meno gravemente dell’adulto, però il numero di morti non è poi così basso ma è di parecchie decine e la complicazione più importante è quella della malattia infiammatoria diffusa a tutto l’organismo che somiglia un po’ alla sindrome di Kawasaki. Questa è una patologia assai rilevante, mentre le complicazioni più rilevanti del vaccino sono quelle legate alla pericardite che finora non ha mai portato a morte nessun bambino in Italia, nessun caso è stato ricoverato e la maggior parte di questi si risolvono in due o tre giorni senza intervento farmacologico oppure con banali antinfiammatori”.
Le dosi per questa fascia di età come abbiamo visto saranno due. Visto quel che succede con le fasce di età maggiori, over 18 alla terza con Gran Bretagna e altri Paesi che si preparano alla quarta e alla quinta, dobbiamo immaginare ulteriori richiami anche per i più piccoli?
“Questo adesso è impossibile dirlo. C’è da dire che i bambini rispetto agli adulti, e di gran lunga rispetto agli anziani, hanno un potere di immunizzarsi enormemente superiore, per cui è anche possibile che le due dosi siano sufficienti. Lo vedremo nei prossimi mesi”.
“L’unica differenza sta nella quantità di vaccino che è di circa un terzo nel bambino rispetto all’adulto”.
Cosa direbbe ad un genitore dubbioso?
“Gli direi di rilassarsi, gli scienziati che studiano queste cose non hanno altro interesse che quello di far del bene alla popolazione. Come genitori hanno accettato più di 10 vaccini in età pediatrica e non c’è ragione al mondo perché non debbano accettare anche questo”.