Pietro Vanacore, il portiere dello stabile di via Poma dove fu uccisa Simonetta Cesaroni, suicida lo scorso 9 marzo, è morto per annegamento e non ha assunto veleno o farmaci prima di gettarsi in mare. Lo hanno stabilito gli esami tossicologici svolti dal medico legale Massimo Sarcinella.
Le conclusioni degli esami, però, rendono, se possibile, ancora più misteriosa la morte del portiere. Il corpo, infatti, è stato trovato a Torre Ovo in un punto in cui l’acqua era profonda poco meno di un metro: troppo poco per pensare ad un annegamento volontario. Ma il referto del medico legale è netto: nello stomaco di Vanacore le uniche sostanze”estranee” presenti erano tracce di caffè e un residuo della zeppola con cui il portiere aveva fatto colazione.
A questo punto, non appena il medico avrà terminato la stesura della relazione, toccherà di nuovo agli inquirenti. I dubbi su un suicidio giudicato sospetto restano ma, al momento, l’unico appiglio per cercare una strada diversa rimangono i tabulati del cellulare di Vanacore, il cui esame non è ancora stato completato.
Ad insospettire, oltre all’acqua poco profonda, sono altri dettagli del ritrovamento del corpo del portiere. In primo luogo la cordicella di nylon lunga 15 metri e legata da un lato alla caviglia di Vanacore e all’altro ad un albero. E poi i biglietti di addio ritrovati nell’automobile di Vanacore: ben tre e tutti scritti in stampatello. Troppi per non destare qualche perplessità.