Venezia, l’appello di una madre: “Aiutate mio figlio, è uscito dal carcere ma ucciderà ancora”

«Aiutate mio figlio Denis prima che torni ad uccidere». E’ il disperato appello della madre del ragazzo, che attraverso le pagine del quotidiano La Nuova di Venezia e Mestre, fa un disperato appello affinchè Denis, che 8 anni fa uccise una donna di 73 anni, venga curato.

Il ragazzo ha scontato una pena di 8 anni, periodo nel quale, secondo la madre, non ha ricevuto il giusto apporto psichico, ragion per cui la donna ha paura che possa avvenire un’altra tragedia.

La storia cominciò nel 2001 a Santa Maria di Sala, in provincia di Venezia, Denis aveva 14 anni, non aveva molti amici e non parlava molto. Nel paese c’era però una donna, Bertilla Sabbadin, di 73 anni, madre di 3 figli, che si prendeva cura del ragazzo, ci parlava e lo riceveva spesso a casa. Poi un giorno la tragedia, il ragazzo entra in casa dell’anziana e la prende a coltellate e a padellate in testa, tra le urla strazianti della donna.

Intervengono i vicini che trovano il corpo senza vita di Bertilla e Denis in piedi in mezzo ad una pozza di sangue che ripete: “Dovevo rubare, me l’ha ordinato un albanese”.

Il processo e la condanna arrivarono senza colpi di scena, la chiarezza del fatto non consentiva alcun tipo di replica. Denis sconterà 8 anni di carcere e parla chiaro anche la perizia dei medici: “Il ragazzo soffre di disturbi antisociali della personalità e instabilità emotiva con consistenti tratti di pericolosità sociale”.

Adesso gli 8 anni di reclusione sono passati e Denis è libero da 2 settimane, è stato affidato ad una comunità, ma essendo maggiorenne e non avendo più problemi con la giustizia può entrare ed uscire indisturbato quando vuole. Gira per il paese e lo hanno incontrato anche i tre figli della vittima che sono increduli di vederlo già in libertà.

Ma la madre ha paura e per questo continua la sua battaglia, lanciando il suo disperato Sos: «Lui non è mai stato aiutato veramente – afferma la donna – in tutto questo tempo non ha mai trovato una comunità idonea ai suoi problemi. Lo hanno messo prima con i tossicodipendenti, poi con i malati psichici, senza mai pensare ad un progetto specifico per il suo recupero, pensato per lui. E alla fine me lo hanno lasciato in strada. Ho paura, ho paura per lui e ho paura di lui».

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Alessandro Avico