Cronaca Italia

Ventimiglia, gli effetti della guerra in Ucraina: supermercato raziona olio di semi

A Ventimiglia, causa guerra in Ucraina con tutte le implicazioni sulle importazioni, un supermercato ha iniziato a razionare le scorte di olio di semi da mettere a disposizione a ogni cliente. 

“Per andare incontro alle necessità di ciascun cliente abbiamo introdotto un limite di acquisto di 50 litri di olio a base di semi per tessera per giorno con decorrenza immediata e fino a nuova comunicazione”. E’ quanto riporta il cartello affisso nel supermercato all’ingrosso Metro di Ventimiglia. La guerra in Ucraina, insomma, inizia ad avere i primi effetti sulle scorte

La nota del supermercato

“Gentile cliente – si legge – ti informiamo che per gli oli a base di semi (olio di girasole / oli di semi vari/ di soia/ olio per friggere incluso olio di palma) potrebbero verificarsi temporanee indisponibilità di prodotto a seguito dei recenti eventi che coinvolgono Ucraina e Russia”. Secondo quanto appreso anche altri supermercati avrebbero iniziato a razionare alcuni prodotti.

Coldiretti: volano i prezzi del grano

Solo qualche giorno fa Coldiretti aveva lanciato l’allarme sui prezzi del grano in aumento a causa dell’invasione russa in Ucraina.

Il prezzo del grano, secondo l’associazione, è balzato del 38,6% nella prima settimana dall’inizio della guerra in Ucraina ma ad aumentare del 17% e stato anche il prezzo del mais e del 6% quello della soia destinati all’alimentazione degli animali negli allevamenti.

“Una emergenza mondiale- rileva Coldiretti– che riguarda direttamente l’Italia che è un Paese deficitario ed importa addirittura il 64% del proprio fabbisogno di grano per la produzione di pane e biscotti e il 53% del mais di cui ha bisogno per l’alimentazione del bestiame. L’organizzazione aggiunge nello specifico secondo, secondo sue analisi, “che l’Ucraina è il secondo fornitore per l’Italia di mais con una quota di poco superiore al 20% ma garantisce anche il 5% dell’import nazionale di grano”.

Coldiretti afferma che “l’aumento di mais e soia sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani che devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi per l’alimentazione del bestiame (+40%) e dell’energia (+70%) a fronte di compensi fermi su valori insostenibili”. L’organizzazione conclude sostenendo che “l’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori che sono stati costretti a ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso anche un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati”

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Gianluca Pace