Caso Marrazzo: il mistero delle copie del video fatte da Signorini e Photo Masi

La casa del trans Natalì in via Gradoli 96, dove i carabinieri ripresero Marrazzo in mutande (Lapresse)

Un “film”, con al centro un mistero: è quello dei due mesi che precedono lo scoppio del caso Marrazzo, l’ex governatore del Lazio ricattato da un gruppo di carabinieri per le sue frequentazioni trans. Tutto ruota intorno ad un video, che i carabinieri hanno girato la mattina del 3 luglio 2009, sorprendendo Piero Marrazzo nell’appartamento in via Gradoli (remember caso Moro?) del trans Natalì.

A tingere di giallo la vicenda è il verbale di un interrogatorio, che a leggerlo bene, fa intravedere una ricca sceneggiatura. Il verbale è tra le migliaia di pagine che costituiscono le premesse del processo ai quattro carabinieri infedeli che avrà inizio, dopo una falsa partenza, tra un mese, il 2 luglio 2012.

Photo Masi è una nota agenzia fotografica, Carmen Pizzutti è la moglie di Domenico Masi, detto Mimmo, titolare dell’agenzia. I carabinieri del reparto investigativo vanno a interrogarla nella sede di Photo Masi a Milano il 21 ottobre 2009, come persona informata sui fatti, alla buon’ora: 6.40 del mattino. Quel che segue è la versione dei fatti che la Pizzutti dà ai carabinieri, tradotta dal “verbalese” all’italiano.

Il 4 agosto 2009 – circa un mese dopo che i carabinieri accusati di estorsione e ricettazione fecero irruzione nell’appartamento in via Gradoli del trans Natalì e girarono i video in cui si vede Piero Marrazzo in mutande, il trans e un piatto con della cocaina – il fotografo freelance Massimiliano Scarfone, detto Max, va nella sede di Photo Masi e propone all’agenzia l’acquisto di un video “non meglio specificato… per il tramite di un suo conoscente che era in contatto con individui di Roma in possesso del predetto filmato, da consegnare per la vendita per un ipotetico importo di 100 mila euro… In tale occasione Scarfone ci rivelava il contenuto del filmato e in particolare che il Presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo era all’intemo di un’abitazione parzialmente vestito, in compagnia di un transessuale nonché di un piatto contenente della polvere bianca e varie banconote”.

Il video “non meglio specificato” interessa Photo Masi, allora Carmen Pizzutti e Domenico Masi il 7 agosto fanno un viaggio in treno fino a Roma. Da Termini a Piazza Mazzini, quartiere Prati, per un pranzo da “Cacio e Pepe”, quattro coperti: la coppia Masi, Max Scarfone e tale “Antonio”, che poi si scoprirà essere Antonio Tamburrino, uno dei quattro carabinieri imputati. “Antonio” è quello che ha il video. I Masi salgono in macchina di Antonio, Scarfone li scorta con la sua Smart. Arrivano a Villa Madama, dove scendono dall’auto di Antonio per salire su una seconda macchina, con un’altra persona alla guida. Sempre in auto, quest’altra persona senza presentarsi dà ai Masi un computer portatile: possono guardare finalmente il video di cui aveva parlato Scarfone. Il file non si sente bene e a un certo punto si interrompe, ma può avere un suo mercato.

Solo che l’uomo con il pc portatile, fra i 30 e i 35 anni, capelli scuri, pensa di poter vendere il video subito: si arrabbia quando Carmen Pizzutti gli spiega che la Photo Masi non acquista direttamente i filmati, ma si propone come intermediario fra chi ha o chi propone i video e le case editrici, prendendosi il 30% sulla vendita. La Pizzutti scende dalla macchina con suo marito e Antonio Tamburrino, ripartono in direzione bar Vanni (di fronte alla sede Rai di Viale Mazzini, frequentatissimo), dove li raggiunge Scarfone. Tamburrino fa da garante con la Pizzutti, che si lamenta per il comportamento dell'”uomo col portatile”. Il video sarà proposto a qualcuno che può comprarlo a Milano, dove i Masi tornano il giorno stesso.

Quel qualcuno può essere il settimanale Oggi, della Rizzoli. La Pizzutti chiama il condirettore di Oggi, Umberto Brindani, e prende appuntamento per un giorno imprecisato fra il 25 e il 28 di agosto 2009. All’incontro c’è anche il direttore Andrea Monti. La Pizzutti parla, Monti e Brindani sono interessati, ma vorrebbero vedere il filmato. Per farlo bisogna tornare a Roma. La Pizzutti riparte insieme con il giornalista Giangavino Sulas il primo settembre, stavolta in aereo. Si “atterra” di nuovo a “Cacio e Pepe”, dove ci sono Scarfone e Tamburrino. Dopo pranzo i quattro salgono su una Seicento, Scarfone guida e Tamburrino dà le indicazioni. Il percorso è tortuoso e lungo, forse per disorientare Sulas e la Pizzutti, al termine del quale si arriva “in un quartiere di nuova costruzione in cui sono presenti molti immobili di massimo tre piani”.

Parcheggiano davanti a un condominio, dal quale esce un uomo di carnagione scura, sui 35-40 anni, che verrà riconosciuto in Donato D’Autilia, il quinto carabiniere indagato. I modi dell’uomo sono bruschi quando invita la Pizzutti e Sulas a salire a casa sua, primo piano, dove mostra il video con Marrazzo e il trans su un pc, diverso da quello sul quale la Pizzutti aveva visto il filmato la prima volta. Sulas, da giornalista, fa delle domande sul video, chi-come-dove-quando e perché: chi lo ha girato, dove, quando… D’Autilia non risponde a nessuna di queste domande, anzi ne fa molte lui a Sulas. Poi chiude il pc dicendo che il filmato non lo avrebbe fatto vedere più a nessuno, sottolineando che Sulas e la Pizzutti non erano mai stati lì e che dovevano andarsene subito.

Di nuovo tappa al bar Vanni, in cui la Pizzutti avverte Tamburrino che a quelli della Rizzoli avrebbe riferito l’esito dell’incontro. Pochi giorni dopo Brindani e Monti dicono alla Pizzutti che Oggi non è interessato al video perché non si riesce a capirne l’origine. A fine settembre i coniugi Masi ripassano da Roma e Scarfone dice loro che Tamburrino vuole incontrarli: in un bar vicino a Piazza Mazzini, di pomeriggio. Sono già seduti, quando arriva un uomo sulla trentina, che sarà riconosciuto come Luciano Simeone, un altro dei carabinieri imputati, il quale chiede esplicitamente se l’affare era stato concluso. La Pizzutti risponde di no, lui si alza e se ne va. Tamburrino rassicura che si tratta di un suo amico.

Alfonso Signorini (di spalle) mentre intervista Ruby (Lapresse)

Photo Masi, fallita la trattativa con Rizzoli, si rimette in moto in direzione Mondadori. Per la Pizzutti la persona di fiducia – “per la sua riservatezza” – all’interno del gruppo di Segrate, di proprietà della famiglia Berlusconi, è Alfonso Signorini, direttore di “Chi”. Un primo incontro fra i due avviene a Cologno Monzese, sede degli studi Mediaset. Signorini dice che il video può interessare ma “deve consultarsi, senza specificare con chi”. Serve una copia del filmato, però. Allora la Pizzutti chiama Scarfone. Che chiama Tamburrino: sì, i suoi amici sono d’accordo, il filmato si può portare a Milano, ma Photo Masi deve pagare a Tamburrino il viaggio in aereo, date le difficoltà economiche che il carabiniere afferma di avere. La cosa non va tanto a genio alla Pizzutti, che però si rassegna a pagare il viaggio a Tamburrino (che vuole un biglietto Roma-Milano all’andata e Milano-Napoli per il ritorno).

Solo che c’è un problema: questi non fornisce un documento idoneo a prenotare un volo. Allora la Pizzutti opta per un biglietto di treno. Tamburrino arriva a Milano la mattina del 5 ottobre 2009, con un cd su cui non c’è scritto niente. Lo accolgono i Masi; lui resta insieme al carabiniere, lei passa a prendere il loro avvocato, Eller Vainicher, per poi andare alla sede di Mondadori a Segrate, nell’ufficio di Signorini.

Davanti alla Pizzutti e dell’avvocato Vainicher, il direttore di “Chi” inserisce il cd con il video nel suo computer ma non riesce a visualizzarlo. Chiama due tecnici ma non la situazione non cambia. Allora scendono nei seminterrati, dove c’è la struttura tecnica. Lì finalmente Signorini riesce a vedere il filmato, anche se il file si vede e si sente male. Il direttore di “Chi” vuole far vedere il video ad altri membri non precisati di Mondadori, e chiede alla Pizzutti di potersi tenere il cd e di potersene fare una copia. In cambio Signorini le firma una ricevuta su carta intestata “Sorrisi e Canzoni”: “Ricevo dalla signora Masi Carmen un dvd di un filmato in visione”. Ricevuta un po’ generica, potrebbe trattarsi di qualsiasi filmato, invece non è un filmato qualsiasi.

Tornata negli uffici di Photo Masi, la Pizzutti riferisce a Tamburrino l’esito dell’incontro: se l’affare si concluderà, sarà per una cifra intorno ai 100 mila euro, della quale l’agenzia tratterrà il 30%. Quello che la Pizzutti non dice al carabiniere imputato è che ha fatto fare a Signorini una copia del filmato. Insiste invece perché una copia del video rimanga in possesso della Photo Masi. Tamburrino acconsente e Simone Masi, figlio di Domenico e Carmen, masterizza il cd (o dvd? Non viene mai specificato). Fatta la copia, convinto di non essere visto Tamburrino spezza in due il suo cd, quello che aveva portato da Roma.

Dopo qualche giorno il telefono di Carmen Pizzutti squilla: è Signorini, che le dice che Libero potrebbe essere interessato al video, per un prezzo di 100 mila euro. Si apre uno spiraglio: la Pizzutti telefona a Scarfone, ma il fotografo le dice che i suoi contatti, i carabinieri che si ritroveranno tutti sul banco degli imputati, non vogliono più concludere l’affare. La Pizzutti non demorde e insiste con Scarfone perché li spinga a chiudere la trattativa. Poi richiama Signorini e lo aggiorna sui problemi in corso. Signorini le risponde che sarebbe stata contattata da Maurizio Belpietro, direttore di Libero.

Così avviene e il 12 ottobre 2009, a dieci giorni dallo scoppio dello scandalo Marrazzo, la Pizzutti incontra Belpietro in viale Maino, nella redazione di Libero. “Lei ha qualcosa da farmi vedere”, va subito al dunque Belpietro. Ma la Pizzutti non si ha il video con sé. Chiama il figlio per farselo portare. In attesa, Belpietro dice che a Roma gira la voce da tre settimane (quindi da metà settembre) che esiste un filmato in cui si vede Marrazzo con due trans. Ad avvalorare la “voce”, Belpietro mostra alla Pizzutti un sms di Gianluigi Nuzzi, giornalista di Libero di cui si è parlato in questi giorni come il terminale delle rivelazioni dei “corvi” in Vaticano e autore di un libro ricco e documentato. Nuzzi aveva scritto a Belpietro che il video con Marrazzo e i trans era in vendita a 20 mila euro. Si stava già trattando? Com’è come non è, la Pizzutti risponde al direttore di Libero che lei il video ce l’ha e che per il prezzo si devono risentire. Da quel che si capisce dalla sua versione messa a verbale, la Pizzutti lascia Belpietro senza aspettare l’arrivo del figlio con il video. Poi chiama Scarfone e lo avverte: i tuoi amici stanno facendo vedere il video in giro, cosa devo fare?

Anche perché Signorini la ha richiamata, annunciandole che il proprietario della testata di Libero, Antonio Angelucci (senatore Pdl nonché “re delle cliniche”, imprenditore della sanità attivo nel Lazio) è interessato al filmato e vuole vederlo. Cosa, sempre stando alla versione della Pizzutti, che avviene il 14 ottobre 2009 a mezzogiorno. Angelucci arriva nella sede di Photo Masi, guarda il video e si dice molto interessato, tant’è che avrebbe dato una risposta entro le 19. La Pizzutti chiama Signorini per informarlo dell’esito dell’incontro con Angelucci. Alle cinque del pomeriggio, colpo di scena: Signorini chiama e dice di fermare tutto, perché c’è Panorama (settimanale Mondadori) che è molto interessato al video. La Pizzutti esegue: quando Angelucci la chiama alle 19, gli dice che si devono fermare senza spiegargli il motivo.

Ma invece di ricevere chiamate da Panorama, la Pizzutti ne riceve un’altra da Signorini che le preannuncia che c’è un nuovo soggetto interessato al video. È proprio il caso di dire “diretto interessato”, perché si tratta di Piero Marrazzo. Dal verbale:

“Il 19 ottobre tra le 15 e le 15.30 mi contattava sul mio cellulare una voce maschile che si presentava come Piero Marrazzo e, dopo un attimo di silenzio, gli dicevo “mi dica”, senza ricevere risposta, dopo chiedevo “ci dobbiamo vedere?” e mi rispondeva di sì, chiedendomi dove fossi e io gli dicevo di essere a Milano. A questo punto precisavo che l’incontro si sarebbe dovuto svolgere alla presenza del mio legale, ricevendo come risposta un suo assenso e che entro mercoledì mi avrebbe fatto chiamare da un suo rappresentante, a patto di lasciare tutto fermo”.

Il verbale della deposizione di Carmen Pizzutti

Sul telefono della Pizzutti compare il giorno dopo, 20 ottobre 2009, lo stesso numero con la quale la aveva chiamata Marrazzo. Tant’è che lei risponde: “Buonasera dottor Marrazzo“, ma dall’altro capo del telefono una voce maschile le risponde di non essere il governatore della Regione Lazio ma la persona da lui incaricata per venire a Milano. L’uomo le dà appuntamento al giorno successivo a Milano, dandole la disponibilità di una serie di orari fra i quali scegliere per l’incontro: fissano per le 20 del 21 ottobre 2009.

Non arriveranno mai a vedersi perché la mattina dopo i carabinieri interrogheranno e perquisiranno le abitazioni di tutti i protagonisti della vicenda. Una lunga giornata che si concluderà con il fermo di Luciano Simeone, Carlo Tagliente, Antonio Tamburrino, Nicola Testini.

Quello che finora non è stato evidenziato o non è proprio emerso è che – stando alla versione di Carmen Pizzutti – ci sono in giro più copie del video incriminato: ad oggi non si hanno tracce di un verbale di sequestro della copia del filmato in possesso all’agenzia Photo Masi e di quella di Alfonso Signorini. Nessuno con certezza può garantire che quel video, finora rimasto ignoto al grande pubblico, non possa un giorno saltare fuori. Sempre che ancora interessi a qualcuno.

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