ROMA – L’assassino di Yara Gambirasio non ha ancora un nome, ma suo padre sì. Gli esperti genetici che indagano sull’omicidio della ragazzina di Brembate Sopra, in provincia di Bergamo, sono certi di avere il profilo genetico, il Dna, del padre dell’assassino. Lo hanno trovato sugli slip e sui leggins della ragazzina, e corrisponde a quello trovato su un francobollo su una cartolina e su una marca da bollo della patente di un uomo morto nel 1999. Lui aveva due figli, ma i loro Dna non coincidono con quello ‘ignoto’. Da qui la pista del figlio illegittimo, che però non si trova.
Il Corriere della Sera ha chiesto spiegazioni a Giuseppe Novelli, tra gli esperti genetici che collaborano con gli inquirenti. Il professore ha spiegato che un francobollo è più che sufficiente per avere un profilo genetico.
Riguardo alla possibilità di riesumare il cadavere per escludere ogni dubbio, Novelli dice: “Questa scelta spetta al magistrato. Noi siamo tecnici. Posso dirle che, di solito, se ci sono degli indumenti o altri oggetti appartenuti al deceduto, il Dna si preleva da quelli per evitare la riesumazione, che per la famiglia del defunto è sempre un dolore”.
Novelli spiega come si sia arrivati alla conclusione che quello isolato sia il Dna del padre dell’assassino: “Ogni padre dà ai figli un 50% del Dna e i fratelli condividono il 50% del Dna tra loro”. Novelli esclude contaminazioni. Il Dna è certo. Ma, sottolinea, non dev’essere “mai l’unico elemento. Non c’è mai scritto il nome di un assassino. Se si trova un profilo genetico sul luogo del delitto, la persona a cui appartiene deve dire perché si trovava lì. Se questa spiegazione non c’è, allora il Dna è una prova interessante”.