Yara Gambirasio, un mese di indagini: emerse tante “ombre”, ma di lei nessuna traccia

E’ passato oltre un mese da quando Yara Gambirasio, la tredicenne, mentre rientrava a casa, a Brembate Sopra, in provincia di Bergamo, e di lei non si trova traccia. E nonostante un imponente spiegamento di uomini e mezzi, di reparti ultra specializzati, le indagini fino ad ora, per ammissione degli stessi inquirenti, non sono venute a capo di niente. Quelle che invece sono venute a galla dalle serrate indagini di polizia e carabinieri sono una serie di ombre su alcuni dei personaggi coinvolti nella vicenda, e di intrecci poco chiari, che però non sarebbero da soli determinanti per indicare la giusta pista da imboccare.

E così questa tragedia, un evento atipico nella tranquilla vita di una ricca provincia del Nord, ha messo a nudo un quadro di interessi e indifferenza. Mentre i famigliari hanno lanciato un inaspettato appello, che, a quanto risulta, non è stato concordato né con gli investigatori né con i magistrati, gli accertamenti tecnici e le continue audizioni dei testimoni hanno fatto emergere intrecci non sempre chiari. Vizi insospettabili, come quello del gioco al videpoker che accomuna almeno due personaggi importanti coinvolti nell’inchiesta; rapporti di lavoro non sempre regolari, e talvolta al limite della legalità.

Come l’utilizzo di molta manodopera straniera irregolare e clandestina, le squadre di operai non pagate dopo i lavori, gli appalti e i subappalti che coinvolgevano sempre le stesse ditte. Come nel caso del cantiere ex Sobea di Mapello (in cui i cani hanno ritrovato le ultime tracce di Yara), dove hanno lavorato la ditta del padre di Yara, quella di Mohamed Fikry, il marocchino fermato per errore all’inizio delle indagini, anche quella del padre dell’unico testimone chiave, Enrico Tironi. Un diciannovenne prima denunciato come inattendibile, poi creduto, ma che comunque risente di una personalità complessa e di una situazione famigliare che potrebbero anche aver influenzato la sua condotta.

E che dire poi della influenza di un’azienda del posto, la Lopav (i cui titolari, i fratelli Locatelli, sono stati recentemente arrestati per riciclaggio nell’ambito di un traffico internazionale di droga, legato alla Camorra) che sul territorio rappresentava un vero e proprio baricentro economico e sociale? L’azienda, che avrebbe decuplicato il capitale sociale in pochi anni e ha aperto altre due sedi nonostante la congiuntura economica negativa per il settore, sponsorizzava molte attività sul territorio, soprattutto sociali e sportive. Come la costruzione di una cappella per la preghiera comunitaria, eventi sportivi e spettacoli, uno dei quali, nel 2009, ha coinvolto anche la squadra di danza ritmica e ginnastica di Brembate, la stessa frequentata da Yara. All’open day della Lopav, nel 2009, quando ancora non erano scattati i provvedimenti della Dda di Napoli (ma era già risaputo l’arresto di papa’ Locatelli, nel 2005 per narcotraffico) avrebbero partecipato membri delle forze dell’ordine, due magistrati, il direttore di un carcere, politici e religiosi locali.

”Ma nessuno si è chiesto da dove arrivasse quella pioggia di elargizioni?”, si chiedeva nei giorni scorsi un agente del posto. Un quadro non facile quindi, in cui gli investigatori si stanno muovendo con cautela. In un paese molto chiuso, dove gli appartamenti ”costano il doppio che nei comuni vicini – racconta un abitante – perche’ qui non ci sono extracomunitari”, con un forte disagio giovanile, caratterizzato anche dal consumo di alcol e stupefacenti.

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Alberto Francavilla