BREMBATE SOPRA (BERGAMO) – Sono dieci le persone su cui sono concentrate le indagini per trovare l’assassino di Yara Gambirasio, la tredicenne di Brembate scomparsa un anno fa. Era la sera del 26 novembre, Yara sparì dopo essere uscita dalla palestra. Tre mesi dopo il suo corpo fu trovato in un campo a dieci chilometri da casa. I dieci bergamaschi sui cui stanno lavorando carabinieri e polizia non sono i diretti sospettati ma a renderli così “importanti” è la familiarità del loro Dna con quello del killer.
Il Dna è stato rinvenuto su tre punti, gli slip, un guanto e i leggings di Yara. E’ la firma dell’omicida. Si tratta di un uomo, originario del Nord d’Italia. Per ora resta senza nome ma la sua traccia assomiglia parzialmente alla mappatura di dieci persone nel mucchio delle duemila e cinquecento sottoposte all’esame. Il riserbo della Questura di Bergamo e del Comando provinciale dei carabinieri è altissimo. Nulla si può sapere su queste dieci persone.
Come spiega Grazia Longo per La Stampa l’inchiesta è in una fase molto delicata: si sta restringendo sempre più il campo d’azione. Investigatori e inquirenti stanno scandagliando la parentela delle dieci persone che hanno una familiarità genetica con l’assassino. “Abbiamo bisogno di un po’ di fortuna – dice un investigatore – Da un anno non facciamo altro che impegnarci su questo caso. Yara è divenuta anche per noi quasi una figlia, che non avremmo mai voluto perdere”.
Queste le principale tappe dalle indagini:
26 novembre 2010. Yara scompare dopo essere dopo essere uscita dal centro sportivo di Brembate a 700 metri da casa, tra le 18,30 e le 18,50. E’ andata a portare uno stereo alla sua istruttrice, risponde ad un sms di un’amica e poi di lei si perdono le tracce. Non si trova alcun testimone credibile.
29 novembre. Scartata definitivamente l’ipotesi di una fuga volontaria, si indaga per sequestro di persona e viene messo in atto un effettivo piano ricerche. Yara potrebbe aver accettato un passaggio da qualcuno che conosce o potrebbe essere stata costretta con la forza a salire su un mezzo. Arrivano a Brembate decine di carabinieri, poliziotti, vigili del fuoco, unità cinofile, volontari. Le prime indicazioni sembrano condurre al cantiere di un centro commerciale alla periferia con il comune di Mapello. I lavori sono bloccati, l’area perquisita con ogni tecnica e sistema. Nessun elemento utile.
5 dicembre 2010. Il cittadino marocchino Mohamed Fikri, che lavora nel cantiere di Mapello, e abita a Montebelluna in Veneto, viene fermato a bordo di una nave diretta a Tangeri. Contro di lui pesano diversi inizi, tra i quali un’intercettazione ambientale in cui sembra affermi “Allah perdonami non l’ho uccisa”. La traduzione era sbagliata.
7 dicembre 2010. Anche su richiesta del pubblico ministero il Gip dispone la scarcerazione del cittadino marocchino.
21 dicembre 2010. Le indagini continuano e la speranza è di trovare Yara viva. Si parla di casi di adescamento di ragazzine. Scoppia il mistero del furgone bianco. Testimoni raccontano di aver visto la ragazzina avvicinata da due uomini. Piste che non portano da nessuna parte.
28 dicembre 2010. I genitori di Yara convocano una conferenza stampa e rivolgono un appello ai rapitori. Molto riservati, Fulvio e Maura Gambirasio per la prima volta parlano davanti le telecamere e i giornalisti.
8 gennaio 2011. All’Eco di Bergamo arriva una lettera anonima che annuncia che il corpo di Yara è nel cantiere di Mapello. E’ la prima di una lunga serie di messaggi, suggerimenti, previsioni, preveggenze, diffuse anche sui siti internet.
26 febbraio 2011. Il corpo di Yara, a tre mesi esatti dalla scomparsa, viene ritrovato in una campo a Chignolo d’Isola, ad una decina di chilometri da Brembate (Bergamo). E’ in un’area aperta, facilmente raggiungibile, più volte battuta dai volontari. Il cadavere è stato nascosto prima dalla neve, poi dalla vegetazione. Viene scoperto grazie alla passione di un aeromodellista, il cui velivolo plana proprio sul corpo di Yara.
Marzo-Maggio: gli esami sul corpo di Yara sono lunghi e meticolosi. Si esclude la violenza sessuale ma sulle cause della morte non sembrano esserci certezze: si parla di colpi con un attrezzo da muratore, di strangolamento. Si ipotizza che l’assassino l’abbia abbandonata ferita nel campo e che la ragazzina sia poi morta dissanguata o di freddo.
28 maggio. E’ il giorno dei funerali. In migliaia di ritrovano al palazzetto dello Sport. Viene letto anche un messaggio del Presidente della Repubblica.
15 giugno. Gli investigatori isolano una traccia di dna maschile sugli slip della ragazza che, a differenza degli altri tre già esaminati, non sarebbe suscettibile di contaminazione casuale. Dunque un elementòaltamente indiziario”. Nei mesi precedenti sono stati raccolti migliaia (chi dice 2500, chi 4000) di profili genetici.
3 novembreò Il pubblico ministero Letizia Ruggeri che coordina le indagini smentisce per l’ennesima volta presunti scoop o rivelazioni sull’inchiesta. Chiarisce che i prelievi di dna per risalire all’ assassino di Yara continuano, perchè al momento non sono state trovate ”corrispondenze genetiche in grado di ridurre in modo decisivo il campo delle indagini”.