
NEW YORK – “I più alti, i più magri e il più bianchi possibile“. Così dovevano essere i modelli all’ingresso di Abercrombie&Fitch, uno dei marchi più in voga tra gli adolescenti, noto per i suoi negozi-discoteca con luci soffuse e commessi muscolosi a torso nudo. L’ennesima accusa viene da una studentessa universitaria che saltuariamente continua a lavorare presso uno degli store della catena per pagarsi gli studi. In una mail anonima al magazine online xoJane, racconta di un ambiente di lavoro “tossico e superficiale” in cui non sono rari episodi di razzismo e comportamenti sessisti.
L’episodio clou risale a qualche anno fa quando, per la visita in negozio dell’allora Ceo Mike Jeffries gli store manager decisero di accoglierlo piazzando al piano terra i commessi più “cool” e cioè alti, snelli e bianchissimi:
“La maggior parte dei modelli neri – racconta la ragazza – furono mandati a casa un’ora prima della fine del turno perché si aspettava la sua visita”.
Il racconto prosegue con le continue molestie sessuali subite dalla giovane:
“Ho cominciato ad odiare quel lavoro. Quello che all’inizio mi sembrava un divertente lavoretto part-time ora era per me causa di terribili nausee ogni volta che indossavo gli short cortissimi e i top striminziti messi a disposizione dalla compagnia.
Una volta sono stata seguita da un gruppo di uomini all’interno del negozio, che commentavano sottovoce in maniera oscena il mio corpo e il mio sedere.
Un’altra volta un uomo mi si avvicinò e, in un inglese molto elementare, elogiò la compagnia per il non assumere “donne brutte e grasse”.
Abercrombie che non è nuova a questo genere di denunce, si è sempre distinta per la sua politica di assunzione molto rigorosa: i commessi devono essere belli come modelli, i maschi sempre a torso nudo e alle donne è richiesto un trucco naturale e niente smalto alle unghie. Anche il target è piuttosto mirato: vietato l’ingresso ai clienti brutti e grassi e non è prevista la taglia L perché “le persone di bell’aspetto attraggono quelle belle e noi vogliamo un mercato di gente cool”. Parola dell’ex ad Jeffries.
Nel 2006 una class-action di ex-dipendenti appartenenti a minoranze etniche gli costò 40 milioni di dollari. Ma nonostante ciò il marchio ha continuato a perseguire la sua policy. Nelle prossime settimane poi la Corte Suprema americana è chiamata ad esprimersi sul caso di Samantha Eloauf, che non fu assunta nel 2008 perché indossava il velo islamico.
