Scansione completa, come in un libro di fantascienza. Solo che stavolta di fantastico non c’è davvero nulla e la scansione completa è semplicemente l’ultimo ritrovato in termini di controlli di sicurezza per salire su un aereo. Le macchine producono un’immagine totale del corpo: una scansione che cela connotati e parti intime ma che consente di vedere tutto il resto: armi e liquidi, ma anche cose più intime e private come le protesi.
Le macchine per il full body scan, al momento, sono operative in circa 19 aeroporti. Previste già da tempo, in realtà sono state installate con una certa lentezza, proprio per la delicata questione della privacy. Dopo il fallito attentato di Detroit, però, il l’Amministrazione per la Sicurezza nei Trasporti (Tsa) ha decisamente accelerato e ordinato 150 nuove macchine da installare più rapidamente possibile stanziando, contemporanteamente anche fondi per acquistarne altre 300.
Il nodo privacy, però, esiste al punto che la legge consente ai passeggeri di rifiutare la scansione. Chi lo fa, però, dovrà sottoporsi ad una minuziosa e forse ancora più invadente perquisizione manuale da parte di un funzionario della Tsa.
Rimane il fatto che la scansione integrale lascia perplessi e divide gli addetti ai lavori. Chi cerca di prendere un aereo deve togliersi scarpe e cinta, non ha diritto a portarsi dell’acqua, se ha bisogno di un farmaco deve portare una ricetta medica e ora arriva l’ennesima umiliazione, quella del corpo ai raggi X.
Per Kate Hanni, fondatrice dell’associazione Flyers Right ( i diritti di chi vola), «il prezzo della libertà sta diventando troppo alto». «Gli scanner – ha aggiunto la Hanni – non fermeranno i terroristi e obbligheranno la gente comune all’ennesimo e inutile controllo». Diverso, invece, il parere di Brandon Macsata, leader di un’altra organizzazione per i diritti dei passeggeri: «Non credo che sia molto diverso da indossare un bikini in spiaggia».