Afghanistan, in 2500 via entro agosto. Dal giugno scorso ad oggi sono stati portati in Italia circa 1100 afghani. Si è iniziato con l’operazione Aquila 1 che portò nel nostro Paese i primi 228 afghani. Ora il ponte aereo organizzato dal ministero della Difesa per tutto agosto (lo stesso tempo dichiarato da Biden ndr) punta a portare fuori dall’Afghanistan 2500 persone segnalate dalla Farnesina tra collaboratori e i loro familiari, persone che hanno lavorato con il contingente italiano ad Herat. Ed è molto probabile che la lista, spiega Repubblica che parla di “Ellis Island italiana”, si allungherà. A venire in Italia sarà anche chi attualmente non figura nella lista italiana.
Afghanistan, non solo militari Usa e britannici: gli italiani stanno contribuendo al ponte aereo
Sul campo non ci sono dunque solo militari Usa e britannici di cui si parla in questi giorni. Gli italiani stanno contribuendo aattivamente al ponte aereo che sta portando fuori dal paese asiatico migliaia di persone. In prima linea ci sono i Carabinieri del Tuscania che fuori dallo scalo di Kabul hanno escogitato un metodo per rintracciare fra la folla le donne che avevano lavorato con i gruppi italiani: il nastro al polso come segno di riconoscimento.
Le donne con il nastro rosso al polso
La fuga da Kabul è andata dunque a buon fine. A Fiumicino, in tre giorni sono arrivati principalmente donne e bambini. Ciò è stato possibile grazie alla stretta collaborazione tra Nove Onlus, il Comando Operativo di Vertice Interforze, il Ministero degli Affari Esteri, e i Carabinieri del Tuscania. Tra queste ci sono molte donne con i loro bambini, salvate grazie al nastro rosso al polso.
“In tre giorni di tentativi, circa 150 civili nelle liste di persone ad alto rischio sono riusciti finalmente a raggiungere l’aeroporto durante la notte. Rischiosissimo attraversare la città col coprifuoco ma l’impresa più ardua è riuscire varcare i cancelli del gate superando incolumi la massa umana. Nove Onlus, in collaborazione con MAE, COI ed il console Tommaso Claudi, stanotte ha guidato i civili verso l’aeroporto. Due coordinatori afghani espatriati, in contatto costante con i gruppi su WhatsApp, hanno radunato tutti alle 04:00 di note ora di Kabul ai punti prestabiliti per poi farli avanzare verso i gate”, racconta Nove Onlus.
“Degli osservatori posizionati lungo il percorso segnalavano blocchi e pericoli. Tutte le donne – prosegue Nove Onlus – erano vestite di nero con un nastro rosso per facilitarne il riconoscimento. Ci sono volute alcune ore prima che il gruppo riuscisse a raggiungere i cancelli. Dopo le otto, ora italiana, è arrivata la notizia che le prime venti, grazie all’aiuto dei Carabinieri del Tuscania, erano entrate sane e salve. Fra loro ‘Amina’, la ragazza in burqa che ha continuato ad inviarci appelli pubblici in questi giorni e una parte dello staff afghano di Nove Onlus. Ma la maggior parte delle persone era ancora fuori”. Allora Amina è uscita dal gate scortata dai Carabinieri del Tuscania per portare in salvo altre persone del gruppo ancora disperse fra la folla. Contemporaneamente è decollato da Kabul un volo militare italiano con un altro gruppo di donne, bambini e civili messi in salvo ieri.
Per l’operazione Aquila Omnia, lDifesa ha messo in campo con il Covi (Comando Operativo di Vertice Interforze) 8 aerei, 4 KC767 che si alternano tra l’area di operazione e l’Italia e 4 C130J. Questi ultimi sono dislocati in Kuwait: da qui parte il ponte aereo per Kabul.
In tutto sono circa 1500 i militari italiani impegnati in questa complessa operazione. Personale del Joint Force HQ (JFHQ), del Comando Operazioni Forze Speciali (COFS), della Joint Evacuation Task Force (JETF), della Joint Special Operation Task Force (JSOTF), del Comando Operazioni Aerospaziali AM (COA), della 46^ Brigata Aerea, del 14° Stormo dell’Aeronautica Militare, della Task Force Air di Al Salem (Kuwait), oltre a tutti i militari delle Forze Armate e dei Carabinieri preposti alla accoglienza e gestione al loro arrivo in Italia.