Afghanistan, forse il fuoco amico ha ucciso la volontaria scozzese nel blitz per liberarla

Linda Norgrove

Linda Norgrove, la cittadina britannica, scozzese per l’esattezza, ostaggio dei talebani morta giorni fa in Afghanistan durante un blitz volto a ridarle la libertà, potrebbe non essere stata uccisa da un kamikaze che si è fatto esplodere vicino a lei, ma dal ‘fuoco amico’ di una bomba a mano lanciata da un membro del commando americano arrivato a pochi metri dal suo nascondiglio.

L’ipotesi ha ancora i condizionali di rito perché l’inchiesta è in corso, ma il fatto che il generale David Petraeus,  in qualità di comandante delle forze americane in Afghanistan (Usfor), abbia sentito il bisogno di intervenire in prima persona informando del possibile colpo di scena il premier britannico David Cameron, la rende molto plausibile.

Il comando dell’Usfor ha infatti diramato un comunicato in cui si informa che l’inchiesta si è resa necessaria perché dopo ”i primi resoconti che parlavano di un decesso della donna dovuto allo scoppio di esplosivo dei talebani”, una ”analisi successiva dei filmati di sorveglianza e colloqui con i membri della squadra di salvataggio non permettono di determinare in modo inequivocabile le cause della sua morte”.

A caricare di polemiche le circostanze della morte della operatrice sociale di 36 anni originaria dell’isola scozzese di Lewis c’è anche il fatto che il governo del presidente Hamid Karzai aveva inviato una folta missione di anziani nella provincia di Kunar (al confine con il Pakistan) per trattare con i rapitori. Un progetto che secondo i suoi partecipanti, ”aveva buone possibilità di successo”.

La Norgrove, impegnata in iniziative umanitarie con la ong americana Development Alternatives Inc. (Dai), era stata sequestrata il 26 settembre insieme a tre collaboratori afghani, successivamente liberati, mentre si recava in auto nella provincia di Kunar all’inaugurazione di un progetto idrico.

Nei giorni seguenti Isaf e Nato hanno scatenato ricerche a tutto campo, evidentemente efficaci, perché a un certo punto un portavoce dei talebani ha dichiarato alla stampa che se ”non fossero state immediatamente sospese, la donna sarebbe stata in pericolo di vita”.

Probabilmente proprio l’esistenza di questo ”pericolo imminente” per l’ostaggio ha spinto i vertici militari americani con il consenso di Londra, ha sottolineato lo stesso Cameron, a puntare al tentativo di liberazione armata, che si è però risolto in tragedia.

Cameron, per cercare di spiegare il contesto in cui si è acconsentito al blitz militare, ha affermato che ”il modo migliore per cercare di salvare la vita di Linda era andare avanti, con la consapevolezza che ogni operazione era rischiosa, e il successo per nulla garantito”.

Ora i genitori della donna aspettano, prima che i risultati dell’inchiesta ordinata da Petraeus chiudano la vicenda, qualche altra spiegazione. E la risposta chiara a due domande: perché è stato detto di no al video e alla lettera aperta ai rapitori, da loro preparati, e perché non si è permesso agli anziani inviati da Karzai di liberare Linda con una trattativa.

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Maria Elena Perrero