L’ultima settimana della guerra in Afghanistan è stata per i soldati americani la più mortale di sempre. Lo stesso presidente, Barack Obama, ha riconociuto parlando in Texas davanti ai soldati di Fort Bliss che ”è un momento duro”. ”Abbiamo visto le perdite aumentare perché siamo sempre più sulle tracce di Al Qaida e dei talebani”, ha detto, ribadendo quindi le ragioni di quella guerra fatta per ”smantellare i santuari sicuri dei terrorsti” e rendere l’America più sicura.
Se è vero che questa è la ragione profonda della guerra, è vero anche che nel corso dei nove anni di conflitto il Pentagono non aveva mai registrato tanti caduti quanti quelli avuti negli ultimi cinque giorni: 22 in tutto, dei quali 12 nelle ultime 24 ore, ai quali si deve aggiungere un soldato estone, morto ieri insieme a compagni d’arme americani nella provincia di Helmand in seguito all’esplosione di un ordigno rudimentale. In tutto 23 morti in 5 giorni, ai quali vanno aggiunti un soldato francese deceduto oggi in un incidente stradale e un soldato canadese spirato sempre oggi in ospedale in Germania per le ferite riportate in uno scontro a fuoco tempo fa, mentre tre operatori umanitari sono stati uccisi ieri nella provincia di Badakhastan.
Si tratta di una media di morti drammatica che, soprattutto per il soldati americani, ha trasformato la guerra in una mattanza. Le truppe, in particolare quelle Usa, muoiono ad un ritmo che non ha precedenti, e che preoccupa il Pentagono. Nel giorno in cui in comandante in capo annuncia alla nazione in prima serata che la guerra in Iraq è simbolicamente finita, nello stesso giorno la guerra in Afghanistan non è mai stata tanto lontana dal dirsi conclusa.
A tutt’oggi secondo cifre confermate dal Dipartimento della Difesa sono 1.236 gli americani morti in operazioni correlate al conflitto. Ma il sito iCasualties.org, che tiene il conto dettagliato di tutti i caduti dell’operazione Enduring Freedom, riporta che i morti americani sono stati finora 31 in più: 1.267 in tutto, e 2.053 quelli dell’intera coalizione (contro i 4.734 in Iraq). La maggior parte di loro sono caduti nelle province meridionali di Helmand (568) e Kandahar (296).
La stragrande maggioranza è dovuta alle famigerate ied (Improvised Explosive Device), le bombe rudimentali che esplodono al passaggio delle camionette e che hanno fatto finora oltre il 60% dei morti. Nel 2009 le vittime da ‘ied’ erano state 275 su un totale di 451 morti; quest’anno, quando mancano ancora quattro mesi alla fine dell’anno, questi ordigni rudimentali hanno già fatto 260 morti, e i morti totali sono già stati 441.
E’ scontato che il numero dei caduti 2010 sia destinato a salire, tanto più se il tasso di mortalità resterà quello degli ultimi giorni. Alla luce di questa situazione il comandante delle forze internazionali, generale David Petraeus, ha concluso la messa a punto delle nuove linee guida della cosiddetta ”transizione”.
I comandanti impegnati sul terreno dovranno ”gradualmente” ritirarsi dalle zone che ritengono ormai pacificate e sotto controllo: le truppe saranno in parte rimpatriate, in parte reimpiegate in compiti di addestramento delle forze afghane. Dovrà essere un passaggio graduale da verificare caso per caso, con l’obiettivo dichiarato di cominciare a venir via dall’Afghanistan per il luglio 2011, come prevede la strategia voluta dal presidente Obama. Petraeus presenterà nel dettaglio il suo piano al vertice Nato di Lisbona del prossimo novembre.