
WASHINGTON – Si chiama Alfreda Frances Bikowsky, ha 45 anni, ed è lei l’agente della Cia che scoprì il rifugio di Abbottabad in Pakistan, quello dove si nascondeva il leader di Al Qaeda, Osama Bin Laden. Osteggiata dai suoi stessi colleghi, inizialmente solo in pochi avevano creduto alla sua tesi – ovvero che per arrivare a Bin Laden bisogna seguire chi portava i messaggi – fu lei a condurre i Navy Seal fin dentro al covo del nemico Usa numero Uno. Insignita della “distinguished intelligence medal”, la più alta onorificenza per un agente segreto, Bikowsky è ora accusata, insieme ad altri, di aver torturato i prigionieri di Guantanamo e di aver mentito al Congresso Usa.
Stando al rapporto della Commissione di vigilanza sui servizi segreti del Senato, la Bikowsky avrebbe estorto le confessioni di alcuni prigionieri, mediante tecniche brutali. Tra i suoi metodi anche il famigerato waterboarding, la privazione del sonno e altre tecniche decisamente poco ortodosse. Sempre secondo il rapporto, Bikowsky sarebbe stata presente durante gli interrogatori di Khaled Sheikh Mohammed, il terrorista pachistano considerato “il principale architetto degli attacchi dell’11 settembre”, e il saudita Abu Zubeyda. E avrebbe poi dato il via ad una inutile caccia alle streghe nel Montana, dove a suo avviso si nascondeva una presunta cellula terroristica, rivelatasi poi una falsa pista.
Ma quel che più indispone gli americani è il fatto che Bikowsky avrebbe deliberatamente mentito dinanzi al Congresso Usa, sostenendo che i metodi utilizzati dalla Cia per gli interrogatori avevano “salvato la vita di centinaia di persone” ed erano stati efficaci nella lotta contro il terrorismo islamico. Circostanza clamorosamente smentita dall’inchiesta del Senato.